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«Le minacce non sono d’aiuto e non porteranno a avvicinarsi a una soluzione». La Commissione europea risponde a muso duro a Luigi Di Maio, che fino a ieri mattina continuava a recapitare avvertimenti a Bruxelles, e l’incontro degli sherpa finisce con un nulla di fatto. «Ne trarremo le conseguenze», replica a sua volta il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, noncurante evidentemente dei segnali provenienti dall’Ue. Ma è soprattutto il ministro del Lavoro a ribadire la maniere forti: «Noi siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Unione Europea», scrive in serata su Facebook il leader grillino. «Hanno deciso di fregarsene dei principi di solidarietà e di responsabilità nonostante nell’ultimo consiglio europeo avessero assicurato che chi sbarcava in Italia sbarcava in Europa», spiega, prima di consegnare la “dichiarazione di guerra”: «Non chiederemo un centesimo di più. Lo dico da capo politico del Movimento 5 Stelle, visto che la Ue non rispetta i patti e non adempie ai suoi doveri, noi come forza politica non siamo più disposti a dargli i 20 miliardi all’anno che pretendono». Per Di Maio l’Italia «deve prendersi in maniera unilaterale una riparazione. Non abbiamo più intenzione di farci mettere i piedi in testa», prosegue, recriminando per la vittoria elettorale mutilata: «Il Movimento 5 Stelle si è presentato agli italiani con una missione ben precisa e non abbiamo alcuna intenzione di fare passi indietro».
E pensare che poche ore prima, Alexander Winterstein, portavoce della Commissione, aveva spiegato al governo che «il solo modo per risolvere le cose in Europa è lavorare insieme in modo costruttiva e di buona volontà». I 20 miliardi versati dall’Italia, inoltre, non sono una gentile concessione, sono previsti da «un chiaro obbligo legale che gli Stati membri hanno sempre rispettato».
Solo il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, dal meeting di Rimini prova a smorzare i toni: «Pagare i contributi all’Unione europea è un dovere legale dei membri. Ci confronteremo su questo e altre questioni». Ma le minacce di Di Maio hanno già prodotto i loro risultati: il vertice Ue si conclude nel nulla e persino il silente Giuseppe Conte è costretto a intervenire: «Da parte di alcuni Stati è stato proposto un passo indietro, suggerendo una sorta di regolamento di Dublino “mascherato”», scrive su Facebook il primo ministro con piglio indignato, poco prima di utilizzare il registro già adottato, senza successo, dal ministro Di Maio: la minaccia. «Se questi sono i “fatti” vorrà dire che l’Italia ne trarrà le conseguenze e, d’ora in poi, si farà carico di eliminare questa discrasia perseguendo un quadro coerente e determinato d’azione per tutte le questioni che sarà chiamata ad affrontare in Europa». La reazione del Viminale è in linea con quella di Conte: «Dalla Diciotti non sbarca nessuno», fanno sapere, convinti che l’esito dell’incontro a Bruxelles sia «l’ennesima dimostrazione che l’Europa non esiste».
In patria però le cose non vanno meglio per il governo. Si allarga infatti il fronte di quanti ritengono intollerabile e disumano il trattamento riservato da Salvini ai 150 migranti imprigionati sulla nave della Guardia costiera. Ad attaccare duramente il leader della Lega non è solo la sinistra. L’azzurro Gianfranco Micciché, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, non usa mezzi termini per definire le politiche del vicepremier leghista: «Dici di non temere l’intervento del presidente della Repubblica, quello del primo ministro, o quello di un procuratore. Io non ti auguro un’indagine per sequestro di persona. Ti auguro di riuscire a provare vergogna», scrive su Facebook, rivolgendosi direttamente a Salvini. «Non so come tu riesca a dormire al pensiero di quanta sofferenza si stia procurando nel tuo nome. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più? Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». In serata, Micciché, dopo essere stato a bordo della Diciotti, si rivolge ancora al ministro dell’Interno: «Se ti chiedo scusa, anche se ti ho detto stro..., fai scendere le undici povere donne?». Quello del presidente dell’Ars siciliana, però, non è un gesto isolato. È tutta Forza Italia a prendere le distanze dall’alleato di un tempo. «Fumata nera sulla Diciotti alla riunione tecnica a Bruxelles. Le richieste dell’Italia non sono state accolte e il nostro Paese è più isolato che mai», dice la capogruppo azzurra alla Camera, Mariastella Gelmini. «Salvini ha fatto bene ad alzare la voce, ma mostrare i muscoli doveva servire a raggiungere accordi per noi vantaggiosi con i Paesi Ue. E invece niente, con gli amici di Visegrad del governo gialloverde che per primi ci hanno chiuso le porte in faccia».
Salvini e Di Maio non sembrano impressionati da emergenze umanitarie e rischi di isolamento internazionale. L’asse sovranista per ora regge.