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Policemen guard a reception center for migrants, at the port of Shenjin, northwestern Albania, on Wednesday, June 5, 2024. Italian Premier Giorgia Meloni is traveling to Albania Wednesday to thank the country for its willingness to host thousands of asylum seekers and to tour the sites of two migrant detention centers. (AP Photo/Vlasov Sulaj)
La decisione della Corte d’Appello di Roma - Sezione Persona, Famiglia, Minorenni e Protezione Internazionale -, che venerdì ha sospeso il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti portati, martedì scorso, in Albania nel centro di Gjader non solo ha riacceso le polemiche tra maggioranza ed opposizione ma creato delle frizioni all’interno delle stesse forze che sostengono il Governo.
Già nelle scorse ore i capigruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, avevano segnalato la questione comunicando il loro sdegno: «Il governo e il Parlamento hanno trasferito la competenza alla Corte di appello per sottrarla alle sezioni specializzate del Tribunale e loro migrano in massa, grazie anche al provvedimento del presidente della Corte che glielo consente. Una chiara presa in giro del Parlamento», avevano detto. Gli attacchi sono arrivati anche dalla Lega con Stefania Pucciarelli, capogruppo del Carroccio in commissione Esteri e Difesa: «La Lega e questo Governo continueranno a lavorare con determinazione per la difesa dei confini nazionali, per i rimpatri e per contrastare il traffico di Migranti. L’invasione di campo di certa magistratura non danneggia il partito di Matteo Salvini ma gli italiani. Alcuni giudici, quindi, si occupino di giustizia e non facciano il lavoro che non compete loro».
Facciamo chiarezza: sono cinque i giudici che hanno firmato i provvedimenti di venerdì. Tutti, come noto, provengono dalla sezione immigrazione del Tribunale di Roma, dove però vi hanno lavorato per pochissimo tempo. Se prendiamo, ad esempio, il provvedimento riguardante Molfese si leggerà che aveva preso posto ad agosto 2024 e avrebbe terminato il 30 novembre dello stesso anno. E aveva esperienza completamente diverse da quelle riguardanti la questione migratoria: faceva il gip a Latina. Semplicemente c’era stato un bando straordinario del Csm (delibera 19 giugno 2024) per il trasferimento a Roma alla sezione immigrazione per l’aumento della pianta organica previsto dal protocollo Italia-Albania.
Dopo di che col dl Flussi la competenza passa alla Corte di Appello. Il presidente Giuseppe Meliadò, per mancanza di risorse umane atte a fronteggiare la modifica normativa, chiede di ampliare organico e rispondono solo quei giudici assegnati in maniera provvisoria al Tribunale, perché intanto sarebbero rimasti lì poco e avevano acquisito un minimo di esperienza. Nessuno dei giudici assegnati definitivamente alla sezione immigrazione del Tribunale di Roma ha fatto domanda per andare in Corte di Appello. Pensiamo ad esempio a Silvia Albano.
Ed inoltre quelli che hanno deciso venerdì non appartengono tutti alla cosiddetta categoria delle “toghe rosse”. Fatta questa precisazione, rumors parlamentari confermano che una delle ipotesi allo studio della maggioranza - la cui fattibilità però è ancora tutta da verificare - sarebbe quella di studiare una norma ad hoc per evitare che i giudici delle sezioni specializzate per l’immigrazione vengano trasferiti nelle Corti di appello come avvenuto a Roma e denunciato da FdI. Un’idea che viene subito respinta dalle opposizioni.
Ma anche da Forza Italia la proposta non sarebbe stata digerita bene. Lo ha fatto intendere in maniera diplomatica ieri il vice ministro alla giustizia, l’azzurro Francesco Paolo Sisto, che in una intervista al Corriere della Sera ha dichiarato: «Non ho notizie di un intervento normativo, meno che mai finalizzato a condizionare le decisioni». Ricordiamo che già quando nel decreto flussi fu inserito il famoso emendamento della deputata di Fratelli d’Italia Sara Kelany, dietro l’impulso del Viminale, che trasferiva alle Corti di Appello la competenza sui trattenimenti, sottraendoli ai Tribunali, Forza Italia storse il naso: la modifica era arrivata sul tavolo last minute senza averla condivisa con gli alleati. Ma dovettero ingoiare il boccone amaro per non creare crepe all’interno della maggioranza.
Questa volta non è detto che ci sarà un bis. Innanzitutto Forza Italia, madre della riforma della separazione delle carriere, ha sempre più forza all’interno della maggioranza. Secondo, non si può rischiare che per ogni decisione sgradita si privino le sezioni specializzate delle loro competenze o si spostino i giudici invisi. Ad esempio al tribunale di Roma ci sono undici sezioni nel settore penale, tra cui quelle specializzate in reati a sfondo sessuale, reati contro la pubblica amministrazione, misure di prevenzione, i reati di criminalità economica, i reati tributari. Dobbiamo immaginare un futuro in cui se una di queste sezioni assolve o condanna, o prevede troppe attenuanti o troppe aggravanti, a seconda dei desiderata del legislatore si modifica l’organigramma?