PHOTO
Il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Gennaro Migliore non nasconde le difficoltà del Pd dopo il risultato del turno di ballottaggio. «E’ un campanello d’allarme» dice, ma invita a non fare automatiche equazioni su quanto potrebbe avvenire alle politiche. Difende la leadership di Renzi, guarda ai risultati positivi di Padova, Lecce e Taranto e invita tutte le forze del centrosinistra a uscire da «ottiche congressuali» per concentrarsi su una «nuova visione» del Paese da offrire ai cittadini, soprattutto agli astenuti.
Il secondo turno è andato male per il Pd e il centrosinistra…
Direi che il ballottaggio presenta per il centrosinistra alcune sconfitte molto significative, in particolare Genova e forse ancora di più l’Aquila e poi La Spezia. E poi anche alcuni elementi sui quali riflettere nelle città nelle quali gli elettori del M5S esclusi dal ballottaggio hanno premiato le candidature di centrodestra, testimoniando una vicinanza sempre maggiore e una sostanziale scomparsa dalle grandi città di Grillo. Note positive, e sorprendenti rispetto all’inizio della campagna elettorale, sono poi quelle legate alla conquista di comuni importanti prima amministrati dal centrodestra, come Padova e Lecce, oltre alla conferma di Taranto. Ma è in tutto il Sud, a partire da Palermo, che si registra il risultato più confortante per il centrosinistra.
In vista delle future politiche che lettura dà del voto?
Mi pare che nei vari centri sia stata data importanza dagli elettori alla volontà di premiare gli uscenti e chi ha saputo intercettare la voglia di cambiamento dei cittadini, con situazioni diverse città per città. Non credo si possa assegnare al voto una valenza nazionale. Neanche per quel che riguarda il M5S che sconta sicuramente le pessime prove di gestione date a Roma e a Torino. Per il Pd certo è un campanello d’allarme che invita a riflettere. E tra le varie cose su cui riflettere c’è ad esempio l’irrilevanza sostanziale della coalizione. E’ il candidato che conta più di tutto. Insomma il quadro è assai complesso e in vista delle politiche il risultato elettorale deve essere un elemento di valutazione sulla nostra capacità di proporre una visione ai cittadini.
La voglia di cambiamento di cui parla può leggersi anche come un’insoddisfazione verso il governo?
L’esempio di Taranto smentisce questa ipotesi. A Taranto c’è stato uno degli interventi più controversi del governo. Io l’ho valutato sempre positivo ma è stato molto contrastato. Eppure il governo a Taranto è stato premiato. Per quel che riguarda altri comuni come Genova, credo abbia pesato il giudizio sulla precedente amministrazione. Credo sia stata fondamentale nei vari casi la credibilità e la compattezza della coalizione che si è messa insieme. Anche per il centrodestra è stato così, come dimostra la sconfitta di Bitonci che è stata favorita dalle divisioni della sua coalizione. Poi, insomma, se si procede ad un’analisi del dato numerico degli elettori che hanno votato per il centrosinistra fra primo e secondo turno, si può parlare di una sostanziale tenuta del centrosinistra. Bisogna dire la verità però: si è perso nei comuni dove simbolicamente era grave perdere.
Ha detto che la coalizione ha influito sull’esito delle varie sfide. E’ un messaggio a Pisapia?
Mi auguro che con Pisapia ci possa essere intesa sulle cose da fare. Parlare di alleanze politiche, concentrarsi sulle tattiche o sul gioco del chi sta con chi non porta da nessuna parte. Il contributo della sinistra non è stato significativo, o meglio, è stato in linea con quello del Pd. Non c’è stato nessun trasferimento o valore aggiunto. Allora meglio impostare il ragionamento su una visione più di prospettiva. Ognuno deve mettere in campo una proposta all’altezza. E poi, in relazione alla legge elettorale, si faranno le valutazioni del caso. La partita nazionale è quanto mai aperta e bisogna saper parlare sia al nostro elettorato che agli astenuti, perché alle amministrative molti sono stati a guardare alla finestra. Bisogna però che la partita nazionale non si trasformi in una contesta congressuale su Renzi sì o Renzi no.
Il risultato intacca in qualche modo la leadership di Renzi?
La leadership di Renzi è stata decisa dal congresso al quale ha votato una platea di quasi due milioni di persone. Mi sembra sufficiente per dire la leadership è stata democraticamente scelta. Soffermarsi su questo però sarebbe un errore. Spero non lo faccia Pisapia il prossimo 1 luglio. Sarebbe un regalo al centrodestra.
Un centrodestra al quale invece la coalizione fa bene. Dove è unito vince.
Credo sia necessaria un’analisi più dettagliata. Questo principio non vale per il candidato più salviniano, come Bitonci, che ha perso. Oppure in altre storiche roccaforti, come Lecce. E poi unirsi a livello nazionale non sarà così semplice. Non mi pare, ad esempio, che Salvini voglia fare passi indietro sulla pretesa della leadership. Non guarderei più di tanto in casa d’altri però, ma mi impegnerei piuttosto a rendere comprensibile ai cittadini il nostro progetto e a sostenere con forza le battaglie del governo.
Tornando al governo: alla Camera è tornato il reato di tortura, si riuscirà ad approvarlo?
Io credo si tratti di una norma che colma una lacuna, introducendo nell’ordinamento un delitto che ha una valenza non solo simbolica ma anche risarcitoria, nei confronti delle vittime di tortura. Io spero che l’iter sia giunto alla conclusione, con un via libero definitivo da parte della Camera. Non ci possiamo permettere che una nuova lettura da parte del Senato ne metta a rischio l’approvazione.