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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei Ministri
Il governo minimizza e comunque scarica ogni responsabilità sul Parlamento, riscoprendo solo per l'occasione quanto preziosa sia la sua sovranità. «Il governo si era rimesso al Parlamento», spiegano da Chigi come se premier e vicepremier non fossero anche i leader dei partiti di maggioranza.
Nessun danno comunque: «Il sistema bancario italiano è tra i più solidi in Europa e in Occidente», e a cosa dovrebbe servire il Mes riformato se non a trasformarsi in un sistema che si occupa anche di «banche sistemiche in difficoltà»? Quanto alle funzioni del Fondo Salva Stati propriamente detto, chi ne avesse bisogno può sempre ricorrere al Mes non riformato, no? Anzi, la sberla italiana aiuterà ad avviare «una riflessione europea su nuove modifiche». Comunque se ne riparla tra 6 mesi, a elezioni europee consumate. Insomma, non è successo niente?
Bugia. Il voto, che registra una spaccatura plateale con l'Europa, la rottura di un impegno solennemente assunto dal ministro dell'Economia, la divisione sia della maggioranza che dell'opposizione è un mezzo terremoto che col tempo potrebbe diventare completo. Prima in Commissione Bilancio, poi in aula, la maggioranza si è lacerata: Fratelli d’Italia e Lega contrarie alla ratifica, Forza Italia favorevole ma per carità di coalizione astenuta. L'opposizione, peraltro, si è frantumata non in due ma in tre tronconi: Pd (e centristi) a favore, M5S contrario, Avs astenuta.
La prima sorpresa è stata la decisione di prendere la sofferta decisione in bilico da oltre un anno. Tutti davano per certo l'ennesimo rinvio e la stessa premier sarebbe stata di questo parere. A forzare la mano è stato Salvini e in realtà la decisione della Lega di votare comunque contro la ratifica è stata l'elemento chiave. La leader di FdI non se la è sentita di passare per quella che si arrendeva all'Europa su tutti i fronti mentre l'alleato, lui sì che saprebbe farsi valere. È probabile che abbia pesato anche l'amarezza per la sconfitta ingloriosa registrata il giorno prima sul Patto di Stabilità.
Il compromesso non è quello a cui mirava l'Italia e neppure gli somiglia. L'Italia ha ottenuto che gli interessi sul debito non siano calcolati nel deficit ed è in realtà la sola vera conquista, contrastata dalla Germania e dai frugali sino all'ultimo. Per il resto le concessioni servono solo a mitigare parzialmente la stretta rigorista veicolata dalle clausole di garanzia imposte dal fronte rigorista. Il vincitore della lunga partita è il punto di riferimento dei falchi europei, il ministro delle Finanze tedesco Lindner, e ciò basta a dire che si tratta pertanto di una sconfitta di chi a Lindner si opponeva: l'Italia ma anche la Commissione europea che ha visto il proprio testo non solo stravolto ma rovesciato.
Il problema è che questo Patto l'Italia lo ha votato e il ministro dell'Economia ha anche assicurato di aver «ottenuto moltissimo». Dunque, nella logica più volte brandita da lui stesso e dalla premier, quella del voto “a pacchetto” in base alla quale si poteva approvare la ratifica del Mes solo con la certezza preventiva di un Patto di Stabilità soddisfacente, la ratifica sarebbe dovuta arrivare immancabilmente. Questo si aspettava l'Europa e se lo aspettava perché questo aveva promesso Giorgetti.
La scelta di arrendersi sul Patto ingoiando un compromesso al ribasso salvo poi votare sul Mes palesando l'insoddisfazione per l'accordo sul Patto, esaltato a parole, è un corto circuito di ogni logica e in Europa verrà accolto con l'irritazione, la delusione e la conferma della scarsa affidabilità italiana del caso. Spiegare che la premier, proprio perché si era arresa sulle regole fiscali e di bilancio, aveva poi bisogno di un paravento per poter vantare la propria risolutezza in Europa non sarà facile.
Se Chigi minimizza, Salvini esulta: «Ora i pensionati e i lavoratori italiani non rischieranno di dover pagare il salvataggio delle banche straniere». Per segnalare il livello della confusione che campeggia in Europa basti dire che è precisamente l'argomento in base al quale i falchi tedeschi, sulla carta i peggiori nemici dei sovranisti italiani, bocciano la richiesta italiana di accelerare il percorso dell'Unione bancaria: temono di dover «pagare il salvataggio delle banche italiane».
Quanto a confusione il Pd non sta messo meglio. «Ieri FdI e Lega hanno accettato a testa bassa l'accordo fatto da Francia e Germania. Ora questa ritorsione danneggia la credibilità dell'Italia», attacca la segretaria del Pd Schlein ma è un tentativo evidente di nascondere la realtà: sul Mes l'opposizione era ed è divisa quanto la maggioranza e forse anche di più. Insomma, il campo largo dovrebbe nascere sulla base di visioni opposte sull'Europa, cioè sulle regole di bilancio, e sulla politica estera, cioè Ucraina, rapporti con la Nato e Gaza. Robetta.