«In generale, le cose che si vogliono fare si fanno e del resto si può evitare di parlare». È un vero e proprio rimprovero a Carlo Nordio quello di Giorgia Meloni. Parole non dure, ma decise le sue, pronunciate nel santuario dell’antimafia, nel quale la premier ha ribadito di poter «camminare a testa alta», nel giorno del 31esimo anniversario della strage di via D’Amelio, giorno in cui arriva anche la conferma dell’ergastolo a Matteo Messina Denaro per le stragi del ‘92 in qualità di mandante.

Il messaggio della premier è duplice. Da un lato critica le polemiche «pretestuose» sull’impegno antimafia del governo, smentendo qualsiasi intervento sul concorso esterno e ancorando l’inizio del suo impegno politico alla morte di Paolo Borsellino, al quale ha reso onore con una visita al cimitero di Santa Maria del Gesù. Dall’altro, invece, prova a far rientrare in carreggiata l’ex magistrato che tanto ha voluto a via Arenula, ricordando che il silenzio, a volte, è la scelta migliore, specie se associato ad un atteggiamento più «politico». Anche perché sono state proprio le uscite del Guardasigilli - «opinioni personali», ha chiarito la presidente del Consiglio - a dare l’occasione ai critici per minare la tenuta del governo e far sorgere dubbi sulle sue intenzioni in tema di contrasto alle mafie.

Meloni, sul punto, sembra avere le idee chiare: il ministro, ha sottolineato, «ha risposto ad una domanda» sulla formulazione del concorso esterno, chiarendo sin da subito «che non era una cosa prevista nel programma di governo del centrodestra ed infatti non c’è, perché non c’è stato alcun provvedimento su questo». Si tratta, dunque, di una risposta «di un magistrato» e non di un ministro, dunque, che forse - questo il messaggio recapitato a via Arenula - «dovrebbe essere più politico in questo, sicuramente». Una risposta «personale, di convinzione» che non può diventare «un fatto quando un fatto non è, perché qui il fatto è che noi abbiamo salvato il carcere ostativo, che abbiamo difeso la legislazione antimafia e che negli ultimi otto mesi sono stati arrestati 1300 mafiosi». Il resto «sono opinioni che non diventano fatti». E far valere le opinioni che non diventano fatti più dei fatti, ha concluso, è un tentativo di «fare polemica pretestuosa».

L’esordio della premier, che come prima tappa ha fatto visita alla caserma Lungaro, a Palermo, da dove uscirono gli equipaggi di scorta a Borsellino quel 19 luglio 1992, è sempre lo stesso: «Ho cominciato a fare politica quando uccisero Paolo Borsellino e per me il tema di quell’esempio di uomini delle istituzioni consapevoli dei rischi che corrono e che ciononostante continuano a fare il loro lavoro rimane uno degli elementi più simbolici che mi ha spinto a fare politica, che mi ha portato dove sono oggi», ha dichiarato. E la presenza a Palermo non era solo finalizzata a «fare memoria», ma a dimostrare di aver raccolto «quel testimone», ad esempio incontrando, al comitato per l’ordine e la sicurezza, ««tutti gli attori che ogni giorno a Palermo, e non solo a Palermo, si occupano di contrasto alla criminalità organizzata», per capire «cos’altro serva, cosa il governo possa e debba fare per aiutare questi inquirenti straordinari, queste forze dell’ordine che negli ultimi otto mesi hanno arrestato più di 1300 persone», tra i quali 29 latitanti. «Un lavoro straordinario, che va accompagnato», ha aggiunto Meloni, che ha assicurato la vicinanza del governo «in tutto».

«Noi siamo convinti che la battaglia contro la mafia si possa vincere - ha sottolineato -. Lo Stato ha inferto in questi mesi colpi importantissimi contro la criminalità organizzata e io sono stata colpita dal fatto che si mettesse in discussione finanche questo. Perché c’è un tema sul quale non ci si dovrebbe dividere e ci sono giorni nei quali non si dovrebbero fare polemiche sterili e inventate, che fanno bene soltanto a quelli che stiamo combattendo». Ovvero i mafiosi, ha dichiarato, rispedendo al mittente la «polemica inventata» di chi ha scritto che la scelta di non partecipare alla tradizionale fiaccolata fosse dettata dalla paura di contestazioni. «Chi è che dovrebbe contestarmi esattamente? - ha chiesto ai cronisti presenti - Perché la mafia mi può contestare, quello sì. Non so se le persone che in buona fede combattono la mafia possano contestare un governo che come primo atto ha messo in sicurezza il carcere ostativo, sotto la cui guida i risultati in tema di contrasti arrivano, che qualche giorno fa ha annunciato di voler fare un decreto per mettere in sicurezza il concetto di criminalità organizzata» “minato” da una sentenza della Cassazione. Ma non solo, il governo, ha continuato ad elencare, «ha cercato di mettere ordine rispetto ad alcune norme della precedente riforma che rischiavano di impattare anche su reati che riguardano la criminalità organizzata», insomma, «ha fatto tutto quello che andava fatto». Nessuna «forma di allentamento in tema di lotta alla criminalità organizzata», dunque, «anzi». «Se c’è qualcuno che può contestarmi è la mafia - ha ribadito -, ma io non sono mai scappata in tutta la mia vita», specialmente «quando si parla di mafia».

I motivi della sua assenza alla fiaccolata sarebbero molto più banali: un impegno in agenda a Civitavecchia, da qui la scelta di partecipare al momento «più istituzionale che c’era», cercando «di mettere insieme tutto». Per cui «sono qui oggi e sarò qui sempre quando c’è da combattere la mafia. E se qualcuno vuole fare polemica perché questo è utile a combattere la mafia lo faccia - ha aggiunto -, io continuerò a fare il mio lavoro con le persone che ce la mettono tutta per cercare di far vincere lo Stato».