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Giorgia Meloni e Donald Trump
Che all’Europa, o meglio a una parte importante dell’Unione, l'iniziativa americana di Giorgia Meloni piacesse poco era prevedibile. Che il malumore si traducesse in concreto ostruzionismo pure. Non nascondono dubbi, per usare un eufemismo, sull’ipotesi di un vertice Usa-Ue a Roma la Francia, la Spagna e la Polonia. Storce il naso e anche qualcosa in più il presidente del Consiglio europeo, il portoghese Costa. Di fronte alla levata di scudi esita anche la Germania, in un primo momento quasi entusiasta.
I motivi dell’opposizione sono diversi e di diverso spessore. Le invidie e le gelosie fanno la loro parte, certo, nei confronti della premier italiana ma forse ancor di più della presidente della Commissione europea e alleata di Giorgia Ursula von der Leyen. Non spetta a lei gestire l’eventuale trattativa. È competenza del Consiglio, la voce più forte in capitolo spetta al suo presidente, incidentalmente un socialista.
Perché non ci sono solo le gelosie personali ma anche i rapporti di forza all’interno dell’Unione. Non è certo un caso che i più decisi nel contrastare gli esiti della missione dell’italiana coperta e sponsorizzata dalla presidente della Commissione siano governi distanti dal Ppe: la Francia di Macron, la Polonia, la Spagna socalista, la presidenza della Commissione. La manovra di avvicinamento del Ppe alla destra è conclamata, si snoda da un pezzo alla luce del sole. Una trattativa gestita di fatto dall conservatrice Meloni, la cui mediazione avrebbe un ruolo centrale se il vertice di svolgesse a Roma, e dalla popolare von der Leyen cementerebbe, se salutata dal successo, un blocco difficilmente disgregabile nel prossimo futuro.
Però ci sono anche, o meglio soprattutto, questioni più puntuali, sia per quanto riguarda la trattativa in sé che l’eventuale ruolo della premier italiana. Nessuno nasconde il risultato concreto ottenuto da Giorgia: uno spiraglio per la mediazione che dovrebbe e potrebbe evitare una guerra dei dazi anche più temuta di quanto non appaia è stato aperto davvero. Ma a che prezzo? Giorgia ha concesso al sovrano della Casa Bianca moltissimo in cambio di quella peraltro limitata apertura e fra tutti i prezzi che l’italiana ha accettato di pagare quello che fa più imbufalire le cancellerie europee è il no alla Web Tax con tanto di impegno a ridimensionare se non eliminare quella, già esigua, che c’è in Italia. Quella è una delle armi principali che l’Europa intende adoperare nel negoziato. Partire escludendo di infliggere uno dei colpi più dolorosi per l’America somiglia molto a una prospettiva di resa. Magari non incondizionata ma pur sempre resa.
Infine, se si arrivasse all’accordo grazie al rapporto privilegiato della premier italiana sia con il numero uno della Casa Bianca che con quella di palazzo Berlaymont il suo ruolo e il peso specifico nell'Unione si moltiplicherebbero e questo non fa alcun piacere a molti leader europei per comprensibili ragioni. La spinta alle forze di destra nel vecchio continente sarebbe inevitabilmente forte e si tratta di partiti già lanciati all’offensiva ovunque.
La preferita di Donald Trump, inoltre, finirebbe per somigliare molto a una sorta di “pro- console” per l’Europa. Con argomenti non peregrini di questo peso su un piatto della bilancia sembrerebbe non esserci e poterci essere partita. Invece non è così e per un motivo evidente: l’urgenza numero uno è evitare che, finita la tregua di 90 giorni, la guerra dei dazi all’interno dell'occidente riparta. Di fronte a questa, ogni altra considerazione è destinata a impallidire. La premier italiana almeno in via diretta ha pochi strumenti per opporsi. Ha sentito due volte al telefono Merz, ancora in bilico.
Prova far pesare il rischio che la conferenza sia impossibile per il no di Trump se non a Roma. Ma alla fine a decidere sarà la scelta di von der Leyen, sulla quale le pressioni in questio giorni sono massime ma che sin qui non ha mai abbandonato l'asse con l’amica italiana e soprattutto quella di Donald Trump. Piaccia o non piaccia la conferenza si farà dove deciderà lui perché per tutti il primo interesse è provare a evitare lo scontro frontale.