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Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi insieme alla premier Giorgia Meloni
«C’è chi va dai mafiosi per poter governare la città e chi in trasparenza va dal ministro dell’Interno per salvare la città». Si potrebbe riassumere in questa frase, pronunciata dal viceministro forzista della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, la conferenzastampa, con tanto di titolo “Operazione verità”, organizzata ieri da una rappresentanza dei parlamentari di centrodestra che andarono al Viminale per chiedere al ministro Matteo Piantedosi di far luce sulle possibili infiltrazioni mafiose a Bari dopo quanto emerso dall’inchiesta “Codice Interno”.
E se una volta si diceva che gli studi di Porta a Porta costituissero la terza Camera, in questi giorni è la sala del Consiglio comunale del capoluogo pugliese ad essersi trasformata in una sorta di parlamentino in cui il sindaco Antonio Decaro prima e i parlamentari sopracitati poi hanno tenuto le loro arringhe, circondati da sostenitori plaudenti come fossero colleghi di partito al termine di una dirompente dichiarazione di voto.
È stato il sottosegratrio alla Salute, il meloniano Marcello Gemmato, ad aprire le danze con una difesa a spada tratta di Piantedosi, definito «uomo di Stato, una persona integerrima, il prefetto dei prefetti». Negli stessi minuti la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, da Campobasso, giudicava «vergognose» le accuse rivolte al titolare del Viminale, che secondo l’inquilina di palazzo Chigi ha «agito correttamente». Nessuna forzatura dunque per Meloni nelpredisporre la commissione che dovrà valutare l’ipotesi di scioglimento, perché «avremmo fatto una forzatura se non avessimo disposto un accesso ispettivo».
Per Gemmato, «derubricare» l’azione di Piantedosi «a schermaglia politica o, peggio ancora, ad eterodirezione da parte nostra di un ministro dell’Interno è qualcosa che fa venire i brividi». Poi la difesa della “visita” al Viminale. «Siamo andati a parlare con il ministro per avere delle parole di conforto - ha continuato Gemmato - Abbiamo scoperto l’infiltrazione della criminalità organizzata all’interno dell’Amtab, di come le assunzioni temporanee fossero determinate dalla malavita organizzata e che nei grandi eventi interveniva per determinare le tariffe del parcheggio: rispetto a tutto questo cosa avremmo dovuto fare? Stare zitti o rivolgerci, come abbiamo appreso ahimè da Michele Emiliano avant’ieri, ai boss di Bari Vecchia e chiedere a loro? O rivolgerci al ministro dell’Interno?». E specificando poi che quella delegazione non è andata da Piantedosi «a chiedere lo scioglimento del Comune perchè sarebbe un’onta che colpisce la nostra città» ma che «non li abbiamo favorite noi le 130 persone arrestate e non abbiamo fatto infiltrare noi l’Amtab».
A rincarare la dose è stato poi lo stesso Sisto, che ha commentato l’ormai celebre video in cui il presidente della Puglia Michele Emiliano racconta di quando portò l’allora assessore Decaro, minacciato, «a casa della sorella del boss Capriati» per «affidarglielo».
Un episodio che per Sisto dimostra l’inadeguatezza dell’attuale classe dirigente barese e pugliese. «Questo episodio non significa solo abdicare al proprio ruolo ma soprattutto accrescere il potere dei criminali - ha detto l’esponente azzurr - La cosa drammatica è che viene narrato con una disinvolura disarmante: c’è chi si sente intoccabile nella nostra città ma così non è». E giù applausi. «Quando Emiliano dice “te lo affido” alla sorella del boss significa “abbiamo messo le istituzioni nelle mani dei clan” - scandisce il viceministro in un crescendo wagneriano - Quel video è il punto di non ritorno: significa che in questa città ci vuole discontinuità e dobbiamo cambiare».
E mentre la parola passava al senatore meloniano Fillipo Melchiorre, Decaro si affrettava a smentire sia qualsiasi ipotesi di conoscenza di sorella e nipote del già citato boss Capriati, accanto al primo citatdino in una foto risalente alla scorsa campagna elettorale, sia le parole di Emiliano sul presunto incontro a casa Capriati, trincerandosi dietro un «non so cosa Emiliano ricordi ma non ho mai incontrato la sorella di nessuno».
Eppure, sia la foto che le parole di Emilinao hanno riacceso una partita destinata a durare ancora a lungo, e che con tutta probabilità arriverà in commissione Antimafia. «Le parole di Emiliano, vere, false o fraintese, sono profondamente sbagliate e a mio avviso sarebbe un atto di profonda maturità politica riconoscerlo trasversalmente e, allo stesso tempo, dire una cosa facile cioè che tutte le volte che uno subisce una minaccia, chiunque sia, deve denunciare», ha detto la presidente dell’Antimafia, Chiara Colosimo.
Intanto ieri mattina la commissione incaricata dell’ispezione si è presentata in comune a Bari, accolta dal sindaco Decaro con «piena disponibilità».