«Considero inaccettabile prendere di mira l'Unifil, tutte le parti coinvolte devono fare la loro parte per garantire la sicurezza dei soldati. Sono convinta che Unifil debba essere rafforzata». Da Beirut, dove ha incontrato il primo ministro Najib Mikati e il presidente del Parlamento Nabih Berri, la premier Giorgia Meloni ha inviato un ulteriore messaggio al governo israeliano (che deve «fare uno sforzo per il cessate il fuoco»), dopo le dichiarazioni già rilasciate nei giorni scorsi, all'indomani dei danneggiamenti e dei feriti procurati da Idf al contigente Unifil di stanza nel Libano meridionale, di cui fanno parte circa 1200 soldati italiani. Una missione di un giorno che ha fatto tappa anche in Giordania, voluta fortemente anzitutto per portare solidarietà al nostro contingente, ma anche per dare maggiore sostegno alla prospettiva del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e al confine tra Libano e Israele.

Nella visione di Palazzo Chigi e della maggioranza della comunità internazionale, infatti, l'eliminazione dell'ideatore del massacro del 7 ottobre Yahya Sinwar ha segnato - anche simbolicamente - una svolta nel nuovo conflitto tra Israele e Hamas generato dall'attacco di un anno fa. Dunque le condizioni sarebbero mature per arrivare alla cessazione dei bombardamenti e non a una semplice tregua, ma c'è da vincere la resistenza del premier dello stato ebraico Netanyahu, il quale non sembra orientato su questa linea.

All'ordine del giorno degli incontri di Meloni con le più alte cariche due paesi, anche la liberazione degli ostaggi israeliani e dell'assistenza umanitaria alla popolazione civile, oltre all'emergenza profughi siriani, che è stata anche al centro dell'ultimo Consiglio Ue di Bruxelles.

Tornando al dossier più urgente, e cioè quello della messa in sicurezza del contingente italiano, Meloni ha sottolineato che «solo rafforzando la missione si potrà voltare pagina, garantendo imparzialità e perseguendo risultati importanti». «Dobbiamo tornare alla missione originaria di Unifil», ha aggiunto, «che passa dal programmare e ricostruire». Su questo fronte, il premier libanese ha garantito, per quanto in suo potere, ad «attuare pienamente le risoluzioni dell'Onu, in particolare la risoluzione 1701, per rafforzare l'esercito nel Libano meridionale in cooperazione con le forze Unifil» e l'Italia, da parte sua, «è pronta a dare tutto l'aiuto necessario, se richiesto», ha replicato Meloni. Sulla questione generale del conflitto, la nostra presidente del Consiglio ha ricordato che «a Bruxelles, dove si è parlato della crisi in Medio Oriente, posso assicurarvi che stiamo lavorando instancabilmente per raggiugere un cessate il fuoco durevole a Gaza e in Libano di 21 giorni». Più tardi, nel punto stampa, la premier ha aggiunto che «Mikati e Berri hanno aderito alla proposta, ora serve uno sforzo da parte israeliana».

«Sosteniamo i negoziati», ha detto ancora Meloni, «per la liberazione degli ostaggi israeliani, stiamo cercando il modo migliore per dare assistenza alla popolazione civile colpita da questa guerra». Prima di arrivare nella sede del governo libanese, Meloni aveva incontrato alcuni rappresentanti militari italiani del contingente, a partire dal Comandante della Missione bilaterale italiana in Libano, colonnello Matteo Vitulano: «Sono qui per portare», ha affermato, «la vicinanza, l'attenzione, la solidarietà e la gratitudine dell'Italia». «Avrei tanto voluto venire», ha proseguito, «a trovare tutti i militari, mi rendo conto che non sarebbe stato facile, ma i messaggi sono stati e saranno molto chiari sul ruolo dei nostri militari».

In mattinata, ad Amman, la nostra premier aveva incontrato il Re di Giordania Abdullah II, attore importantissimo per la stabilizzazione dell'area. Nella nota diffusa dopo il colloquio, Palazzo Chigi hanno ribadito la «necessità di un processo politico che conduca alla soluzione dei due Stati» e l'urgenza di «risposte efficaci alla drammatica emergenza» degli sfollati libanesi e dei profughi siriani.

Su questi ultimi punti, Meloni ha ricordato i «recenti ulteriori 17 milioni di euro di aiuti umanitari stanziati dall’Italia» e si è impegnata «a portare il tema a livello europeo e internazionale». Sui rifugiati siriani, «l’emergenza si unisce a quella dei rifugiati siriani, su cui l’Italia continuerà a impegnarsi, anche in seno all’Unione Europea, per creare le condizioni per un ritorno volontario, sicuro, dignitoso e sostenibile dei rifugiati, anche attraverso il sostegno delle Nazioni Unite».