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ANTONIO TAJANI MINISTRO ESTERI, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
Dopo le polemiche a distanza, le consuete comunicazioni della presidente del Consiglio prima del vertice Ue di giovedì (approvate sia alla Camera che al Senato) sono state l'occasione per il primo confronto ravvicinato con le opposizioni dopo il rovente comizio di chiusura di Giorgia Meloni ad Atreju. E le scintille non sono mancate, sia nei confronti del Pd che del M5s, anche se l'episodio che ha tenuto banco per tutta la mattinata ha riguardato una forza di maggioranza, e cioè la Lega, i cui deputati sono risultati per la gran parti assenti dall'aula quando la presidente del Consiglio ha iniziato a parlare.
Al netto delle polemiche contingenti, la parte più sostanziosa dell'informativa di Meloni ha riguardato ovviamente i temi di politica internazionale, a partire da un bilancio su tutta l'operazione che ha portato Raffaele Fitto a ricoprire il ruolo di Commissario Ue al Pnrr e vicepresidente esecutivo della Commissione. Un successo che la premier ha rivendicato, non senza inviare qualche frecciata all'indirizzo dei dem, accusati di aver remato contro la nomina dell'ex-ministro. «Al commissario europeo Raffaele Fitto», ha affermato Meloni, «persona stimata e perbene, è stato affidato un portafoglio importante, da oltre mille miliardi di euro. Posso dire, quindi: 'Missione compiuta'. La sua nomina», ha proseguito, «è adeguata al peso della nostra nazione in Europa, è un risultato che conferma la centralità dell'Italia».
Poi, la stoccata al Pd: «La Lega ha votato Fitto e non ha scritto lettere per togliergli la vicepresidenza e non mi risulta il vostro voto contrario quando i socialisti hanno deciso di scrivere a Ursula von der Leyen. Sappiamo», ha aggiunto, «chi è stato con l'Italia e chi purtroppo non è stato troppo con l'Italia». In generale, di fronte alle critiche dei dem Meloni è tornata a spingere sull'acceleratore della vis polemica: «Penso che nei momenti importanti sia importante esserci per cercare di difendere gli interessi della Nazione».
E a Giuseppe Provenzano che accusava di irrilevanza la presidenza italiana del G7, la premier ha replicato: «Penso che prima o poi dovrete fare un corso di riti voodoo perché le macumbe non stanno funzionando. So quanto hanno lavorato queste persone che lavoravano in passato anche per voi quando avevate la decenza di rispettarle».
Tornando ai temi portanti dell'informativa, un punto molto rilevante è stato la conferma del sostegno a Kiev, in vista anche dei prossimi passaggi parlamentari per i provvedimenti che dovranno dare il via libera a nuovi armamenti: «L'Italia», ha detto, «continua a sostenere finanziariamente e militarmente le iniziative a sostegno dell'Ucraina. Occorre difendere il diritto internazionale. Non c'è convenienza per noi a vivere in un mondo sopraffatto dalle armi. L'Italia», ha proseguito, «continuerà a fare la propria parte nel rispetto delle sanzioni contro la Russia. Alla vigilia del Consiglio Ue ci sarà un incontro col presidente ucraino, un'occasione importante per discutere del futuro del conflitto».
E a questo proposito, Meloni ha approfondito la questione, alla luce del cambio di amministrazione in Usa: «Tutti ci interroghiamo sulla postura della nuova amministrazione americana sul conflitto in Ucraina. Mi pare che le dichiarazioni di Donald Trump, qualche giorno fa, chiariscano molte cose. Ha detto che Putin dovrebbe pensare che è arrivato il momento di fare la pace, perché ha perso. E dice: "voglio arrivare a un accordo e il solo modo di arrivarci è non abbandonare l'Ucraina”. È la posizione che io in quest'aula ho espresso molte volte». Restando sul fronte Usa, per la premier occorre evitare il rischio di una politica protezionistica ma, allo stesso tempo, «parlare di nemico non aiuta: serve un approccio pragmatico con l'amministrazione Trump».
Sul versante mediorientale, dove si fanno sempre più insistenti le voci di una tregua a Gaza, Meloni ha ribadito la linea “due popoli due stati”, rifiutando però fughe in avanti e censurando la richiesta di arresto per il premier israeliano Netanyahu: «Non penso che giovino all'ottenimento dell'obiettivo dei due popoli due Stati accelerazioni non finalizzate al concreto obiettivo: il riconoscimento di uno stato che oggi non esiste è uno specchietto per allodole. L'Italia», ha proseguito, «ha sottoscritto la convenzione internazionale che ha dato vita alla Corte penale internazionale e la sostiene nel suo funzionamento. I provvedimenti che intervengono non a guerra conclusa ma a conflitto in corso rischiano di trasformare un organo giurisdizionale in una parte del conflitto stesso con ricadute sulle prospettive che riguardano la conclusione dei conflitti».
Tornando alle polemiche di casa nostra, particolarmente aspra quella che ha contrapposto Meloni al leader del M5s Giuseppe Conte, rispetto all'ipotesi di aumentare lo stipendio per i ministri non eletti, fortemente criticata dall'opposizione: «Eviterei di farmi dare lezioni dai colleghi del Movimento 5 stelle, da chi ha dato a Grillo 300mila euro di soldi pubblici euro anche no».