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Giorgia Meloni alla Casa Bianca con Donald Trump
Governo e maggioranza esultano: è andata benissimo. L'opposizione, ad eccezione di Calenda, scuote le spalle e minimizza: nulla di fatto se non una prova di vassallaggio della premier italiana. La dichiarazione congiunta Usa-Italia diffusa ieri dalla Casa Bianca, mentre la premier e i suoi due vice erano a pranzo con JD Vance reduce da colloquio a quattr'occhi con Giorgia, conforta i trionfalisti ma fino a un certo punto. Il sì del sovrano di Washington all'invito a Roma è messo nero su bianco, anche ancora senza data.
La possibilità di trasformare l'escursione in un ben più significativo vertice Usa-Ue è ufficializzata. L'alleanza strategica su questioni di sicurezza, economiche e tecnologiche sarà rafforzata ulteriormente. Il prezzo pagato dall'Italia è alto e adeguatamente registrato. I due leader concordano sulla necessità di rendere il commercio tra Usa Ue «reciprocamente vantaggioso, equo e reciproco».
Le "esportazioni di gas naturale liquefatto statunitense" aumenteranno anche se, va da sé, «in modo reciprocamente vantaggioso». Il comune «incrollabile impegno» nei confronti della Nato implicherà l'obbligo che le sicurezze nazionali «siano allineate e finanziate» parole che si traducono in esborso impennato per il braccio europeo dell'Alleanza.
Sull'Ucraina l'Italia concorda con gli Usa nell'«appoggiare appieno la leadership» di Trump e i suoi sforzi per «garantire una pace giusta e duratura». Ciliegina sulla torta: nessuna web tax per le corporation Usa Big tech: «Non vanno discriminate fiscalmente».
Al saldo, Meloni porta a casa l'obiettivo politicamente principale, il possibile avvio di un dialogo tra Usa e Ue confermato ieri da Vance: dialogo con la Ue sui dazi. Il principale alleato di Washington nel vecchio continente, che ufficialmente è l'Italia e lo resterà «fino a che il primo ministro resterà primo ministro», si occuperà di fatto della mediazione. La merce di scambio è quella ampiamente prevista, acquisti di gas e armi, investimenti negli Usa, sostegno pieno alla gestione statunitense delle trattative per l'Ucraina. Ma non reclamata con l'imperiosità e la fretta che alla vigilia temevano a Roma.
Il vero significato profondo della missione di Meloni però è politico. La premier italiana si proponeva di restare nel mezzo tra Usa e Ue e quella resta la sua postazione. Però sensibilmente spostata sul versante degli Usa, tanto da apparire quasi più ambasciatrice trumpiana in Europa che non l'opposto. Fingere che il ruolo in questione non comporti anche vantaggi significherebbe abbandonarsi al wishful thinking. Ruggiti e ostentazioni muscolari a parte l'Europa ha bisogno dell'America e preferirebbe di gran lunga evitare una rottura dalle conseguenze difficilmente calcolabili.
Dopo le 24 ore in America Giorgia Meloni è ufficialmente la leader più accreditata per tentare di ricucire i fili strappati ed è una parte in commedia che ne moltiplica peso specifico e contrattualità sul teatro del vecchio continente. Però sarebbe altrettanto errato fingere che lo sbilanciamento a favore della Casa Bianca non implichi anche forti rischi. In molte capitali europee la premier di Roma è guardata ora con diffidenza massima, circondata dal sospetto di essere una quinta colonna. Sospetto non del tutto infondato. Il vero prezzo pagato da Giorgia Meloni per il riconoscimento ufficiale ottenuto dal sovrano di Washington non è tanto l'acquisto del gas o delle armi ma l'accettazione piena del primato e della leadership di Donald Trump.
Cioè di un presidente che in Europa è visto oggi non come un alleato ma come la principale minaccia. La fune su cui Giorgia Meloni deve dunque continuare a procedere in precario equilibrio è davvero sottile e il rischio, dopo il viaggio di giovedì scorso e l'incontro con Vance di ieri, non è diminuito ma casomai ulteriormente accresciuto. La carta sulla quale conta la premier italiana per uscirne a testa alta e che è in effetti elemento dirimente ha un nome preciso, anzi due: Ursula von der Leyen e Manfred Weber, la presidente dalla Commissione europea e quello del Ppe.
La premier è partita per l'America con la benedizione di Ursula, che ha di fatto costretto la Francia a rimangiarsi ogni critica. Ieri Giorgia ha relazionato sulla missione al telefono con l'amica presidente e al termine le fonti della Commissione hanno parlato di «buona telefonata». Fino a che l'ombrello di Ursula e quello di Trump non si intralciano la premier italiana andrà avanti per questa strada.