Il dem Fornaro si accascia sul seggio suo con gli occhi lucidi, mentre i suoi compagni di partito fanno a gara per consolarlo. È la scena madre di una mattinata tumultuosa, a Montecitorio, che in realtà era partita in un modo tranquillo come martedì al Senato, e che improvvisamente si è infiammata, tanto da costringere il presidente Fontana a sospenderla per due volte.

Il coup de théâtre ce l'aveva in serbo la presidente del Consiglio, che in sede di replica, dopo aver sostanzialmente ripetuto quanto già detto a Palazzo Madama, ha aggiunto in coda un ingrediente la cui esplosività forse era stata sottovalutata dalla stessa Giorgia Meloni.

Incalzata, nel corso del dibattito, dagli esponenti del centrosinistra sulla sua lealtà all'Ue, fortemente messa in discussione, a loro avviso, dalle affermazioni in difesa del presidente americano Donald Trump, la premier ha raccolto la sfida di quanti le chiedevano una dichiarazione univoca di ossequio agli ideali fondativi dell'Europa unita. Diversi, non a caso, dai banchi del Pd e di Avs erano stati i riferimento al manifesto di Ventotene, scritto da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli durante il confino decretato per loro dal regime fascista, e considerato da molti l'atto fondativo dell'europeismo.

Federico Fornaro dopo l’intervento sul Manifesto di Ventotene durante le comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul prossimo Consiglio europeo del 20 e 21 marzo, Roma, Mercoledì, 19 Marzo 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Federico Fornaro after his speech on the Ventotene Manifesto during the address by prime minister Giorgia Meloni ahead of European Council meeting on 20-21 march, Rome, Wednesday, March 19, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Federico Fornaro dopo l’intervento sul Manifesto di Ventotene durante le comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul prossimo Consiglio europeo del 20 e 21 marzo, Roma, Mercoledì, 19 Marzo 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Federico Fornaro after his speech on the Ventotene Manifesto during the address by prime minister Giorgia Meloni ahead of European Council meeting on 20-21 march, Rome, Wednesday, March 19, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
Federico Fornaro in lacrime dopo l'intervento (LaPresse )

Un assunto energicamente contestato in aula da Meloni, che per sottolinearne l'anacronismo e la distanza dal suo punto di vista, ha ritenuto efficace leggerne in aula («a beneficio di chi ci guarda da casa e per chi non dovesse averlo mai letto») alcuni passaggi, e in particolar modo quelli che evidenziavano una visione anticapitalistica e rivoluzionaria, figlia della dialettica politica del tempo e della reazione alla dittatura fascista. «La rivoluzione europea», ha citato la premier, «per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista», «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso», «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria»; «Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e attorno ad esso la vera democrazia».

A quel punto, Meloni si è rivolta con fare di sfida verso i deputati dell'opposizione, dopo aver affermato di non avere «chiarissima neanche la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest'aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene». Dopo la lettura, dunque, Meloni ha chiuso bruscamente il crescendo polemico affermando: «Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia». E a quel punto nell'emiciclo si è scatenato il caos, con una prima sospensione da parte di Fontana.

Alla ripresa, immediati gli interventi di protesta, aperti col citato e accorato sfogo di Fornaro: «Non è accettabile fare la caricatura degli uomini protagonisti del Manifesto di Ventotene», ha detto, «lei, presidente Meloni, siede in questo Parlamento anche grazie a loro. Noi siamo qui grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi», ha concluso visibilmente alterato, «di fronte a questi uomini e queste donne, non insulti la loro memoria». Inevitabile l'accusa di strumentalizzazione e, soprattutto, di apologia di fascismo, vista la vicenda personale e politica degli autori del manifesto, tanto che alla seconda ondata di schermaglie tra maggioranza e opposizione Fontana ha nuovamente interrotto la seduta.

Ma la polemica aveva già superato il livello di guardia: per la segretaria del Pd Elly Schlein «Giorgia Meloni non solo non ha il coraggio di difendere i valori su cui l'Unione è fondata dagli attacchi di Trump e di Musk, ma ha deciso in aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia», mentre per il leader di Iv Matteo Renzi «la Meloni non ama Ventotene perché la storia di Ventotene dice il contrario della storia di Giorgia Meloni. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede nelle idee di Ventotene e tra chi crede in Giorgia Meloni. Noi non abbiamo dubbi», ha concluso, «su da che parte stare». E

mentre la diretta interessata, dopo aver lasciato la Camera per recarsi al Quirinale per il consueto incontro col presidente della Repubblica preparatorio al vertice Ue di oggi e domani, postava sui suoi profili social il suo intervento aggiungendo «giudicate voi», dal centrodestra arrivavano numerosi attestazioni di sostegno, con l'eurodeputato meloniano Nicola Procaccini che parla del «muro di Berlino che oggi cade anche in Italia» e il leghista Borghi (soddisfattissimo come tutto il partito di Salvini per l'intervento della premier) che definisce «testo ripugnante» il manifesto di Ventotene. Più cauto e rispettoso il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, il quale si è limitato a ribadire che la sua Europa è quella di De Gasperi e Adenauer, forse chiedendosi in modo implicito quale sia il modello della presidente del Consiglio.