PHOTO
Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Un incontro formale, con i più alti vertici del governo e i ministri coinvolti. Quello di ieri a palazzo Chigi non è stato un incontro semplice, tra sorrisi e strette di mano. Anzi, sia all’entrata che all’uscita le facce erano tese, le bocche quasi del tutto cucite. Perché sul piatto c’erano autonomia differenziata e presidenzialismo, due riforme promesse dai partiti di maggioranza in campagna elettorale e sulle quali si gioca il futuro del governo.
Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sono intenzionate a portarle a termine entrambe, e su questo, nonostante l’infausto tempo di questi giorni su Roma, non ci piove.
Il tema di discussione riguarda le tempistiche. E qui i nodi vengono al pettine, perché Matteo Salvini punta tutto sull’Autonomia, che può essere approvato in tempi decisamente più brevi rispetto al presidenzialismo, per il quale serve una riforma costituzionale. Al termine dell’incontro, in una nota palazzo Chigi parla di «grande sintonia», eppure non tutto è filato liscio.
Secondo il governo «si è definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all'approvazione preliminare del disegno di legge sull'autonomia differenziata». Ma se le parole sono importanti, è quel «in una delle prossime» che sta il punto. Se ne parlerà presto, dunque, ma non subito. Lo stesso vale per il presidenzialismo, riforma per la quale il vertice di governo «ha stabilito di definire il cronoprogramma». La nota spiega poi che nel percorso saranno coinvolti parlamento e forze politiche, e che il tutto sarà definito «nel più breve tempo possibile».
Eppure la presidente del Consiglio, pur avendo definito l’autonomia come «una riforma imprescindibile», va dicendo da anni che l’opera riformatrice di cui l’Italia ha bisogno passa, prima di tutto, dall’elezione diretta del capo dello Stato. E su questo può contare sulla sponda di Forza Italia, visto che, come noto, Silvio Berlusconi sogna da decenni di aumentare i poteri del presidente della Repubblica, pur non essendo riuscito nell’intenso di arrivare lui stesso al Quirinale poco meno di un anno fa.
Ma anche in questo caso la questione è complessa, perché se Fratelli d’Italia punterebbe su un semipresidenzialismo alla francese, in cui il presidente della Repubblica è comunque affiancato da un premier, il Cavaliere non più tardi di due giorni fa a ribadito come il presidenzialismo statunitense sia il modello da seguire, incentrato peraltro su quel bipolarismo che ha fatto da cornice a tutta la seconda Repubblica di berlusconiana memoria.
Eppure, come detto, per approvare una riforma di questo tipo servirebbe tempo e soprattutto la convergenza di almeno una parte dell’opposizione, come da articolo 138 della Costituzione. In caso contrario, parola ai cittadini tramite referendum costituzionale. Formula che, si sa, negli ultimi due decenni non ha avuto troppa fortuna.
È per questo che gran parte del dibattito è incentrato sull’autonomia, obiettivo che per Salvini e la Lega tutta è a portata di mano. Spinto, più che da altri, dai presidenti di Regione che la chiedono da anni, a partire da quello del Veneto, Luca Zaia, fino a quello della Lombardia, Attilio Fontana. «Meloni si è resa conto che questa riforma guarda al futuro e riguarda l'efficienza degli enti locali e dei servizi ai cittadini - ha detto Fontana a un evento in vista delle Regionali di febbraio - Per questo penso che l’autonomia possa arrivare nel 2023: oltre tutto il ministro Calderoli sta facendo un pressing presso i governatori del sud per spiegare come la riforma sia utile anche per loro».
Al tavolo, oltre a Meloni, Salvini e Tajani, hanno partecipato anche la ministra per le Riforme, Maria Elisabetta Alberti Casellati, il ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, il ministro per gli Affari europei all’attuazione del Pnrr, Raffaele Fitto, e il ministro dell’Agricoltura e fedelissimo di Meloni, Francesco Lollobrigida.
La stessa Casellati ieri ha incontrato il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, secondo il quale «l’autonomia è fondamentale» mentre sul presidenzialismo occorre «una Bicamerale oppure un lavoro comune della commissione Affari costituzionali della Camera e Affari costituzionali del Senato».