Dimissioni? Un attimo, prego. Dopo l’annuncio in diretta tv nella notte del trionfo del No, Matteo Renzi sale in mattinata sul Colle per confermare al capo dello Stato la sua decisione di dimettersi dall’incarico di presidente del Consiglio. Ma Mattarella lo frena. Prende atto delle intenzioni del premier ma gli ricorda che ci sono impegni istituzionali da osservare, primo fra tutti il varo definitivo della legge di Stabilità all’esame del Senato, in modo da mettere in sicurezza i conti pubblici e non offrire il fianco a manovre speculative dei mercati. Dunque dimissioni “ congelate” fino a venerdì, quando la legge di Bilancio sarà definitivamente approvata. Renzi conferma le sue intenzioni e rinvia ogni decisione al pomeriggio, dopo la riunione del Consiglio dei ministri. Alla fine, acconsente ai suggerimenti del Colle.

In passaggi così delicati e difficili e difficili, la bussola non può che essere il rispetto scrupoloso dei compiti di ciascuno. Per que- sto, concluso il colloquio con Renzi, il presidente della Repubblica affida ad un comunicato ufficiale le sue valutazioni: « L’Italia - scrive il capo dello Stato - è un grande Paese con tante energie positive al suo interno. Anche per questo occorre che il clima politico, pur nella necessaria dialettica, sia improntato a serenità e rispetto reciproco. L’alta affluenza al voto, registratasi nel referendum di domenica è la testimonianza - prosegue il comunicato - di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva » . Poi il passaggio politicamente più significativo: « Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento » . Un richiamo severo, che mette bene in chiaro l’atteggiamento di rispetto puntuale da parte del Quirinale dell’iter previsto dalla Costituzione in questi casi. Un richiamo erga omnes, che vale anche per l’inquilino di palazzo Chigi con l’obiettivo di scongiurare in ogni modo il pericolo del ricorso all’esercizio provvisorio. Ovviamente dal colloquio parte la ridda di interpretazioni nel Palazzo per capire quali saranno i prossimi passaggi. Il congelamento delle dimissioni di Renzi almeno fino a venerdì, quando la legge di Bilancio dovrebbe ottenere il via libera di palazzo Madama, non sarebbe una “ prima volta”. Il precedente è quello del governo di Mario Monti nel 2012. L’allora presidente del Consiglio, infatti, dopo un faccia a faccia al Quirinale con Giorgio Napolitano, annunciò l’impossibilità di proseguire nel mandato. Monti riferì al Presidente di « non ritenere possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato » . Da qui l’appello rivolto alle forze politiche di evitare l’esercizio provvisorio ed essere « pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio » .

Però stavolta le cose sono diverse. E da FI parte subito l’altolà: « Le strane ipotesi che circolano su un possibile congelamento della crisi del governo Renzi, con l’approvazione accelerata della legge di Bilancio grazie addirittura a cosiddette fiducie tecniche, sono del tutto impraticabili » , dicono i capigruppo Brunetta e Romani. « Si può lavorare alla messa in sicurezza di alcuni punti nevralgici della legge di Bilancio ma è necessario, perché questo accada, che vengano stralciate tutte quelle parti che riguardano piccoli e grandi finanziamenti di mero sapore elettorale che oggi compongono il testo della legge all’esame del Senato. Il No al referendum è un voto di sfiducia a Renzi e alla sua attività di governo nel suo complesso: giudizio dal quale non può essere escluso l’atto più significativo di ogni esecutivo, rappresentato appunto dalla legge di Bilancio » . La crisi di governo è in atto, ma la via d’uscita è tortuosa.

CA. FU.