Il diritto d'asilo, l'autorevolezza delle Corti europee, la pericolosità del settarismo nazionalistico e religioso e del capitalismo monopolistico dell'era digitale. Di fronte alla platea degli Stati Generali della Diplomazia, in corso da oggi alla Farnesina, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha utilizzato i consueti toni pacati e istituzionali, ma con parole difficilmente equivocabili, se messe in relazione ai principali avvenimenti nazionali e internazionali degli ultimi mesi.

Il contesto era certamente favorevole a riferimenti a questioni riguardanti gli scenari globali e temi come le migrazioni, ma la scelta fatta del Capo dello Stato è andata anche nel senso di un'esposizione circoscritta del proprio punto di vista, e non di frasi di circostanza. Basti pensare a quanto detto sul diritto d'asilo: «La stabilità di un posizionamento» su questo versante da parte del nostro paese «la rinveniamo», ha detto Mattarella, «nei principi definiti dalla Costituzione, agli articoli 10 e 11: diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercito delle libertà democratiche, ripudio della guerra, perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati». 

Una questione scottante, come è noto, nel pieno del contenzioso tra governo e magistratura seguito alle sentenze di alcuni tribunali, che hanno contestato la scelta del governo di “dirottare” alcuni migranti di paesi ritenuti sicuri nei centri allestiti in Albania, in vista del rimpatrio motivando il proprio pronunciamento con la prevalenza del diritto comunitario, la cui definizione di paese sicuro non coincide con quella di Roma. E il presidente della Repubblica, su questo versante, ha ribadito un assunto che era già emerso, di recente, in altre occasioni pubbliche: «Di qui», ha affermato «l'integrazione d'Europa, le Convenzioni internazionali, di qui le Corti di giustizia che ne sono derivate, a tutela dell'applicazione degli ordinamenti».

Non è mancato, nella parte del discorso riguardante i migranti, un riferimento generico agli Stati che utilizzano i grandi flussi come uno strumento di pressione sui paesi europei di approdo, che potrebbe essere applicato ad alcuni governi o autorità del Nordafrica: «I drammi migratori sono talvolta oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni Stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte».

Ma la parte più incisiva del discorso del presidente è stata quella in cui quest'ultimo ha messo in guardia dal cortocircuito che si sta verificando tra ritorno di egoismi nazionalistici ed etnici e l'avanzamento della globalizzazione, poiché vi è stato un riferimento preciso ad una figura che secondo il Colle incarna una delle anomalie più grandi del nostro tempo: «Siamo di fronte», ha detto Mattarella, «al paradosso di una società globale sempre più interconnessa e interdipendente che attraversa una fase in cui si affacciano nuovamente, con ricette stantie, le sirene del settarismo nazionalistico, etnico, quando non arbitrariamente religioso. Divisioni e fratture profonde si moltiplicano. Viene spontaneo chiedersi quale posto abbia la diplomazia in questo contesto, rispetto ad atteggiamenti e a forze - anche di natura non statuale - che si propongono di intaccare la cornice di norme e principi statuiti per assicurare ai membri della comunità internazionale interazioni stabili e ordinate secondo regole riconosciute e valide per tutti. Non è la prima volta nella storia», ha proseguito il presidente, «che gli Stati vengono messi in discussione nella loro capacità di perseguire e garantire gli interessi dei popoli e, quindi, dei loro cittadini».

Poi, l'affondo, difficilmente scindibile dalla persona del tycoon Elon Musk, integrato nell'amministrazione statunitense dal presidente eletto Donald Trump: «E’ un tema che appare di rinnovata attualità a fronte di operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quella di Stati di media dimensione, e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica».

Inevitabile, infine, un riferimento ai conflitti in corso, in particolare quello in Medio Oriente: «Guardando alla Palestina va ribadito fermamente che, per la Repubblica Italiana, l'autentica prospettiva di futuro risiede nella soluzione a due Stati. È un obiettivo privo di alternative. Perseguire l'obiettivo, ravvicinato, della statualità palestinese significa offrire al popolo della Cisgiordania e di Gaza un traguardo di giustizia e una convincente prospettiva di speranza per il proprio futuro, irrinunciabile condizione anche per una finalmente solida garanzia di sicurezza per Israele».