PHOTO
Marina Berlusconi, Marta Fascina e Giorgia Meloni ai funerali di Stato dell'ex presidente del Consiglio dei Ministri
Dove si siederà Marta nel giorno delle esequie? Per due giorni la domanda se la sono posta in tanti, nelle redazioni, nelle segreterie politiche, nelle sale lussuose dei vertici aziendali. Come si conviene nelle monarchie, il cerimoniale era in questo caso denso di significati che andavano ben oltre il riflesso dei rapporti tra una consorte di fatto ma non di nome, un po' dell'ultima ora, e la famiglia del sovrano defunto. Lo spettro dei significati si allargava a raggiera, perché Marta Fascina, oltre che compagna del leader, era ed è anche espressione di un partito la cui sopravvivenza dipende dai calcoli e forse dai capricci dell'azienda, cioè della famiglia reale propriamente detta. Non è tutto qui: negli ultimi mesi la quasi-moglie si è affermata anche come capo della corrente maggioritaria di quel partito, quella che vuole mantenere legati strettissimi senza stormir di fronde, con il governo. Insomma, quegli occhi puntati sulla disposizione delle sedie, in attesa di vedere se Marta Fascina si sarebbe seduta vicino a Marina la Primogenita, non erano animati da curiosità da tabloid. Le due donne erano sedute vicine, però Marina è andata oltre: non solo fianco a fianco ma mano nella mano.
Per capire il senso del segnale, che comunque resta per ora solo un segnale pur se forte, bisogna riassumere rapidamente il quadro complessivo. Senza l'intervento economico dell'azienda Forza Italia è semplicemente destinata a chiudere i battenti. Sulla disponibilità dei due figli di primo letto che hanno in pugno le redini dell'azienda, Marina e Piersilvio, non c'è alcuna certezza e in passato erano anzi trapelate molte esitazioni. È possibile che nel testamento l'estinto abbia lasciato indicazioni precise, alcuni se lo aspettano, ma alla fine la scelta sarà dei due figli maggiori.
Giorgia Meloni, che ha trasformato l'addio a Berlusconi in una specie di cerimonia di successione, ha per il momento tutto l'interesse a far sopravvivere il partito azzurro, purché guidato da una leadership fortemente governista, in concreto dal delfino Antonio Tajani spalleggiato da Marta Fascina. Si sta già dando molto da fare per raggiungere il doppio obiettivo, coadiuvata dall'eterno diplomatico e gran ciambellano Gianni Letta.
La sorte dell'azienda è appena meno incerta di quella del partito. I mercati hanno accolto la notizia della scomparsa del grande industriale stappando champagne per un motivo preciso: la convinzione che i tre figli minori, quelli di Veronica Lario, essendo privi di controllo sull'azienda metteranno in vendita le loro quote. Sempre che, anche in questo caso, il testamento non riservi sorprese. Gli affari sono affari e non permettono troppe delicatezze.
A salma non ancora inumata Vivendi, che detiene il 23 per cento delle azioni e che se i figli minori sceglieranno di vendere avrà l'occasione per tentare la scalata, aveva già chiesto un incontro alla premier, chiaramente per sondare il terreno e capire se il governo si opporrebbe, facendo valere la golden power. Subito dopo è stato il turno di Cairo, che si è trovato di fronte la porta sbarrata da Piersilvio. Questa situazione incerta lascia a Giorgia Meloni un ampio margine di gioco. Se lei ha bisogno di Marina Berlusconi per tenere in vita Fi, Marina potrebbe avere bisogno dello scudo del governo sin troppo presto, e come base per un accordo è senz'altro solida.
Quanto alla leadership e dunque all'affidabilità della Fi post-berlusconiana, tutto dovrebbe essere più semplice. L'incoronazione di Tajani dovrebbe essere quasi automatica, non solo perché è su di lui che puntano la famiglia e la maggioranza del partito ma anche perché aprire ora una guerra tra le rovine del castello berlusconiano sarebbe esiziale per tutti. Anche qui però le cose potrebbero complicarsi. La carica di coordinatore, quella attribuita a Tajani dalla buonanima, formalmente non esiste. Poco male, per accordo unanime il vice premier sarà da oggi presidente pro tempore fino al congresso, lo annunceranno oggi in conferenza stampa lui stesso e i capigruppo Barelli e Ronzulli senza peraltro specificare la data delle prime vere assise azzurre. Le manovre si svilupperanno però già a partire dall’estate. La stragrande maggioranza dei parlamentari forzisti resterà comunque nel porto per ora più sicuro, sempre che Marina scelga davvero di salvare il partito. Ma l’eventuale avvio di una l'avvio di una diaspora potrebbe assumere presto le dimensioni di slavina e in ogni caso metterebbe a rischio la soglia del 4 per cento alle prossime Europee.
Marta l'ultima moglie potrebbe essere la chiave per risolvere la situazione. È parlamentare dal 2018 e alla Camera non si era fatta notare molto ma negli ultimi mesi ha mostrato una grinta e quando necessario una drasticità che mancano a Tajani, figura molto più portata alla diplomazia che alla guerra. Uno schieramento apertamente alleato e formato da lei e dalla primogenita e dal più mite Tajani avrebbe le carte in regola per tenere in ordine il partito orfano almeno sino alle Europee. Se l'alleanza si formerà e resisterà, Forza Italia è in mano alle tre donne a diverso titolo eredi del patriarca: Marina, Marta e Giorgia.