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Nordio e Mantovano
L’ultima puntata dello scontro tra toghe e politica la scrive il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che annuncia una rimodulazione del concorso esterno, sbagliando forse i tempi, dato l’avvicinarsi dell’anniversario della strage di via D’Amelio, e scatenando le reazioni della magistratura e dei parenti delle vittime. Tanto che 24 ore tocca al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, mettere una pezza: «Modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione, il governo non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata.
Ci sono altre priorità», ha dichiarato il braccio destro di Giorgia Meloni al Fatto. Per poi aggiungere ad Askanews. it che «la giurisprudenza è consolidata», mentre bisognerebbe prestare attenzione alla “recentissima” sentenza della Corte di Cassazione che «mette in discussione il concetto di criminalità organizzata». In maggioranza, dunque, si naviga a vista. E a confermare il senso di disorientamento è anche Ernesto Rapani, senatore FdI e componente della Commissione Giustizia: «Al momento non ci sono modifiche in corso riguardanti il concorso esterno. Questo governo, come dimostrano le ultime operazioni, combatte la mafia in ogni luogo e in ogni modo. Dunque, non ci può essere un governo che dice certe cose, che ha nel programma determinate cose e un componente del governo, ministro della Giustizia, che va contro. Le due cose cozzano fra di loro».
Sul punto, però, Nordio è stato chiaro: il reato «è una creazione giurisprudenziale», «è un ossimoro - ha detto nel corso di un evento organizzato da Fratelli d’Italia -, ma quando di queste cose ne discuti sotto il profilo tecnico ti trovi delle risposte di ordine ideologico, di ordine emotivo. Noi non vogliamo eliminare il concorso esterno, perché sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all'interno della organizzazione e si può essere favoreggiatori all'esterno della organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato, che in questo momento non esiste né come tassatività né come specificità, perché non è il codice.
Poiché il principio di certezza del diritto poggia sulla tassatività della fattispecie in questo caso penale che non è in questo momento strutturata, anche qui il discorso è puramente tecnico. Pensare che si possa fare con questo un favore ai mafiosi in senso hegeliano è vuota metafisica dell’intelletto speculativo». Ma le rassicurazioni di Nordio sulla volontà di non cancellare il reato non hanno colto nel segno. E oltre alle fibrillazioni all’interno del governo sono arrivate le repliche di Salvatore Borsellino e Maria Falcone, che parlano di schiaffo ai due magistrati uccisi dalla mafia. «Depotenziare il concorso esterno vuol dire colpire i nostri martiri, quelli che il governo di destra dice di voler commemorare - ha detto il primo a Repubblica -. E questo è l'ennesimo segnale di un gravissimo attacco all'indipendenza della magistratura e alla ricerca della verità».
Parole ribadite anche da Maria Falcone, secondo cui gli annunci di Nordio sono «un’offesa gravissima: da tanti anni chiediamo una verità completa sulle stragi. Modificare adesso il concorso esterno significherebbe allontanare ancora di più una verità che ci viene negata da trent’anni». E le opposizioni sono già scatenate: il Pd, con Walter Verini, parla di «gravissimi segnali di indebolimento nel contrasto alle mafie, aggiungendo gli attacchi e la delegittimazione della magistratura», mentre secondo Federico Cafiero de Raho (M5S) «sin dagli anni di Falcone la legittimità del concorso esterno ha consentito il controllo penale sulle forme più gravi di complicità alle cosche di importanti esponenti dei circuiti economico finanziari e politico istituzionali, nonché del mondo delle libere professioni - ha dichiarato a Repubblica -. Volete la verità? Il concorso è avversato da questa parte politica».