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bali giorgia meloni salvini
Ci si può facilmente immaginare la soddisfazione di palazzo Chigi all'atto di stilare il comunicato con cui ieri ha espresso «piena sintonia del governo con la decisione del Consiglio Ue di stabilire un ragionevole tetto al denaro contante come misura antiriciclaggio». Il passaggio successivo è anche più eloquente: nonostante la soglia europea sia di 10mila euro «allo stato attuale» il governo italiano conferma quella a 5mila euro.
Le obiezioni sono ovvie e non del tutto infondate. La criminalità organizzata è più diffusa in Italia che negli altri Paesi europei. Il Consiglio ha largheggiato perché in una Unione nella quale molti Paesi non prevedono alcuna soglia per il contante non avrebbe potuto spingersi oltre. In Francia la soglia è di mille euro, come da noi prima dell'intervento imminente. Tutto vero, anche se con 5mila euro in contanti non è che mafia e 'ndrangheta riciclino granché. Devono piazzare capitali un pochino più cospicui. In ogni caso resta il fatto che la vituperata scelta del governo Meloni si ferma alla metà del massimo del contante stabilito nella Ue e non è argomento che si potrà smontare facilmente. Da segnalare la specifica non a caso inserita da Chigi: il tetto serve a contrastare il riciclaggio molto più che non l'evasione fiscale, anche se dal dibattito che infuria da noi si direbbe il contrario.
La stessa Ue, in compenso, rampogna l'Italia per la facoltà di pagare in contanti sotto i 60 euro. La critica muove da un assunto più simbolico che concreto: non è che l'innalzamento incida più che tanto, però è in controtendenza rispetto all'indicazione strategica di Bruxelles. Seguirà trattativa tra Roma e Bruxelles alla fine della quale la soglia calerà da 60 euro a una trentina. Al netto dei simbolismi, non proprio una riforma di grande momento. Eppure è proprio su queste due misure che maggioranza e opposizione, con incursioni continue degli opinionisti, incrociano le lame da giorni con veemenza effettivamente degna di causa, se non migliore, almeno maggiore.
Se si passa agli scontri interni alla maggioranza il quadro cambia poco. Si combatte per gli spiccetti: portare a 600 euro ( comunque una miseria di cui qualunque Paese civile dovrebbe vergognarsi) le pensioni minime almeno degli over 75. Alzare un po' la soglia delle cartelle esattoriali da rottamare, per lo più comunque inesigibili. Far slittare di 37 giorni, dal 24 novembre al 31 dicembre, il termine per la presentazione del certificato di inizio lavori in modo da ottenere il 110% di rimborso invece del 90% prossimo venturo.
Quello che colpisce, in questa battaglia sugli avanzi e sugli spiccetti, è la sproporzione tra i toni apocalittici o trionfanti, a seconda dello schieramento, è la pochezza della posta in gioco. Metterla sul valore del “segnale” e dell'indicazione, come fanno tutti, non è molto diverso dal discutere di una partita a poker che ha per posta i soldi del Monopoli invece di quelli veri. Lo si può capire. Il governo ha bisogno di vantare risultati, anche a costo di gonfiare misure formato mignon. Per l'opposizione è altrettanto necessario denunciare lo scempio, anche se per ora limitato alla simulazione. Non è invece interesse di nessuno, per motivi opposti ma convergenti, ammettere onestamente che la manovra è all' 80% e forse anche oltre quella che avrebbero fatto Mario Draghi e il suo governo. Tra continuità e rotture, la prevalenza della prima è di portata immensa.
Tutto comprensibile, la politica è anche teatro e rito. Un particolare stridente però c'è: una misura e una sola nella manovra non è affatto microscopia, è reale e avrà impatto violento su parecchie persone. Si tratta dello smantellamento in piena regola del reddito di cittadinanza che a conti fatti è quanto di più concreto e incisivo ci sia nella prima legge di bilancio dell'era Meloni. Ci si aspetterebbe pertanto che su questo fronte si scatenasse lo scontro politico e sociale, con l'opposizione e persino all'interno della maggioranza. Invece, con l'eccezione dei 5S, all'affossamento del rdc vengono tutt'alpiù dedicate battute di circostanza, critiche d'ordinanza.
Succede perché anche in questo caso gli interessi della maggioranza e di buona parte dell'opposizione coincidono. La destra voleva portare a casa una bandiera ma non ci tiene ad amplificare una decisione piuttosto impopolare in parte sostanziosa del Paese.
Il Pd considera che fare quadrato intorno a una misura contro la quale aveva peraltro votato porterebbe acqua solo al mulino di Conte. Il Terzo Polo, in materia, sta alla maggioranza come gli sparvieri ai passeri: fosse per loro si sarebbe andati ben oltre. Media e opinonisti si accodano volentieri alla congiura del silenzio, essendo in larga misura ostili al reddito anche quando schieratissimi contro il governo, e comunque ostili sono i loro editori. Capita così che di tutto si parli e su tutto ci si infiammi tranne che sull'unica cosa vera che c'è nella manovrina.