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GIANCARLO GIORGETTI, MINISTRO MEF
La legge di bilancio - su cui il governo ha ottenuto fiducia della Camera con 211 voti a favore e 117 contrari - ha ottenuto il via libera dalla Camera e arriverà dunque in Senato per l’ok definitivo, previsto per la prossima settimana. La finanziaria è di 30 miliardi lordi, di cui due terzi usati per rendere strutturale, almeno per i prossimi 5 anni, la riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 40mila euro e il passaggio a tre aliquote Irpef. Un provvedimento, che pesa per 18 miliardi sul testo, pensato per aiutare i redditi medio bassi a contrastare l’inflazione, lasciando quasi 100 euro in più in busta paga.
Le opposizioni hanno criticato fortemente il provvedimento, puntando l’attenzione soprattutto sul comparto sanità per cui valutano lo stanziamento insufficiente e Cgil e Uil a novembre hanno proclamato lo sciopero generale, denunciando l’assenza di provvedimenti su pensioni, redditi e lavoro. Tra le norme più contestate quella che voleva equiparare l’indennità dei ministri, vice e sottosegretari non parlamentari con quella dei colleghi eletti.
Dopo l’invito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del titolare della Difesa Guido Crosetto a stralciare il provvedimento, la soluzione trovata prevede che ministri e sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma abbiano diritto al rimborso delle spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza per l’espletamento delle proprie funzioni. Per coprire queste spese è stata creata una dotazione di 500mila euro annui a partire dal 2025. Ha subito numerose riformulazioni anche la norma sul divieto di incarichi retribuiti dagli extra Stati Ue per i parlamentari, il provvedimento ribattezzato “anti Renzi” viste le possibili ripercussioni sull’attività internazionale di conferenziere del leader di Iv.
La versione riformulata del testo dei relatori prevede che i titolari di cariche di governo ed i parlamentari - ad eccezione di quelli eletti all’estero - non possano accettare durante il proprio mandato contributi, prestazioni o altre utilità erogati da arte di soggetti pubblici o privati extra Ue. Fatta eccezione per i titolari di cariche di governo, il divieto non si applica nel caso di preventiva autorizzazione ma comunque per importi non superiori a 100mila euro all’anno. In caso di inosservanza il compenso deve essere versato entro 30 giorni al bilancio dello Stato, il mancato versamento genera una sanzione pari a quanto guadagnato. Cancellata invece la proroga alla fine del prossimo anno del tariffario dei pedaggi autostradali, con relativo incremento dell’ 1,8% indicizzato all’inflazione.
Proprio sulla norma “anti Renzi” si è assistito a un “giallo” quando la Lega, contraria all’emendamento, ha deciso di presentare e poi ritirare un odg che puntava a limarlo. Secondo i deputati leghisti le disposizioni «applicate indistintamente, penalizzano chi svolge professioni intellettuali regolate da albi, come avvocati, medici, commercialisti, ingegneri, architetti e altre categorie», si leggeva nell’odg a prima firma di Ingrid Bisa. La norma, era scritto nelle premesse, «è eccessivamente rigida e genera limitazioni ingiustificate per chi esercita attività regolari e tracciabili». L’odg della Lega, poi ritirato, impegnava il governo «a adottare iniziative normative volte a escludere dal divieto le attività professionali regolate da albi previsti per legge, limitatamente ai compensi derivanti esclusivamente dall’esercizio di tali attività».
Tra gli ultimi “botti” prima dell’approvazione a Montecitorio anche lo show di Lorenzo Donno, deputato M5S che qualche mese fa fu aggredito in Aula mentre esponeva una bandiera italiana durante la discussione sull’Autonomia. «Volete più soldi? Prendete anche queste e compratevi delle maschere per nascondervi dalla vergogna», ha detto ieri De Donno che, urlando verso i banchi del governo, ha chiuso il suo intervento sull’Odg contro gli aumenti dei rimborsi a ministri e sottosegretari non eletti lanciando delle banconote in aula. «Una vergogna, una porcata», ha aggiunto Donno a proposito della norma. «Avete anche provato a nascondervi, dovevate ritirare la norma e chiedere scusa», ha proseguito l’esponente del M5S che ha tirato fuori due banconote da 500 euro e, mostrandole verso i banchi del governo, ha spiegato: «Questo è lo stipendio di milioni di italiani, 1 su 3. Con questo non si arriva alla seconda settimana del mese. E voi che fate? Pensate di aumentare gli stipendi di ministri e sottosegretari. Siete senza vergogna». Al termine del suo intervento, Donno si è messo le mani in tasca per tirare fuori altre due mazzette di banconote che ha gettato verso il governo.