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Matteo Renzi ospite di Bruno Vespa nella Trasmissione Porta a Porta
Era stato soprannominato “emendamento anti- Renzi”, ma quando in maggioranza, e soprattutto in Forza Italia, si sono accorti che sarebbe stato un emendamento potenzialmente “anti- tutti”, è scattato come d’incanto il “contr’ordine compagni”. Citazione che calza a pennello, visto che proprio da ambienti forzisti si era parlato di «norma sovietica» in quanto, come formulato inizialmente l’emendamento prevedeva un prelievo forzoso ai parlamentari che ricevono da incarichi all’estero compensi superiori ai 50mila euro. Ma proprio Fi, e in particolare l’ala che fa capo a Licia Ronzulli, si è messa di traverso e ha proposto un subemendamento a firma del deputato Roberto Pella che prevede che membri del governo, parlamentari e presidenti di Regione possano ricevere compensi da soggetti pubblici o privati extra Ue a patto di richiedere «entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge l’autorizzazione agli organi di appartenenza», ma solo se hanno un reddito inferiore a 100mila euro.
In questi giorni la norma, secondo i rumors parlamentari voluta fortemente da Giorgia Meloni in persona, ha vissuto un vero e proprio calvario, con riformulazioni, cancellature, ripensamenti e accese discussioni anche all’interno della stessa maggioranza.
Il tutto condito dalla presa di posizione dello stesso Renzi, che si è sentito chiamato in causa per la sua attività di conferenziere all’estero, dalla quale solo nello scorso anno ha ottenuto compensi per centinaia di migliaia di euro. «Giorgia Meloni ha personalmente voluto una legge ad personam contro di me in sede di Legge di Bilancio - ha scritto ieri nella consueta e- news - trovo imbarazzo per chi usa il potere della maggioranza per fare leggi contro gli avversari: è un atteggiamento da Repubblica delle Banane. E come se non bastasse si dice che per determinate categorie di persone si può tassare il lavoro al 100%: siamo all’esproprio proletario. Ci voleva un governo di destra per avere finalmente un po’ di Unione Sovietica in Italia».
Poi però rilancia, consapevole dell’intervento in extremis di Forza Italia, auspicato indirettamente dallo stesso Renzi in un’intervista al Corriere nella quale chiamava in causa niente meno che Silvio Berlusconi, il quale «si sarebbe alzato in Senato parlando di una norma comunista» . «La mia reazione è molto semplice: sorrido. Non mi arrabbio, non urlo, non inveisco - aggiunge Renzi - Penso che in questi anni siano stati moltissimi quelli che hanno provato a buttarmi fuori dalla politica. Alcuni pm, in primis. I grillini. I diffusori di fake news. Chi mi ha diffamato sui giornali e sulla rete. Sono in tanti. Eppure io sono ancora qua, col sorriso. Vogliono cambiare le leggi pur di farmi fuori? Ci provino. Non ci riusciranno».
E infatti non ci sono riusciti, ma la polemica ha lasciato non pochi sospetti in maggioranza, soprattutto tra forzisti e meloniani. I quali non avevano fatto i conti con il fatto che la norma non avrebbe riguardato il solo Renzi ma diversi parlamentari, compreso il senatore a vita Renzo Piano, coinvolti nella questione.
Insomma, c’erano tutti gli ingredienti perché un emendamento alla manovra si trasformasse in una frittata, prima dell’intervento riparatore di Fi. Che ha contrastato un altro subemendamento, stavolta targato M5S, che puntava invece a inasprire la norma.
Il leader M5S Giuseppe Conte, riprendendo la proposta di legge a sua prima firma sul conflitto d’interessi, chiedeva modifiche in base alle quali i diretti interessati «non possono accettare, durante il proprio mandato e nell’anno successivo alla cessazione dello stesso, contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati, direttamente o indirettamente, da governi o da enti pubblici di Stati esteri o da persone fisiche o giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettati a obblighi fiscali in Italia, anche mediante interposizione di persona o di società o enti», eliminando anche l'autorizzazione della camera di appartenenza.
Proposta rigettata, a differenza di quella di Fi. Che tuttavia, “annacquando” l’emendamento iniziale, non può che aver fatto alzare il sopracciglio a Meloni & Co.