Il primo turno delle elezioni francesi di domenica 30 giugno, ha avuto come risultato, al di là dell'affermazione di Marine Le Pen, centinaia di ballottaggi fra tre candidati in numerosissimi collegi. Gli elettori francesi sono così in attesa di vedere il quadro completo per il secondo turno che ridisegnerà il parlamento. Questa seconda tornata è segnata dalla tecnica della desistenza messa in atto dalla sinistra e dai macroniani che in molti casi si sono fatti da parte per aiutare a sconfiggere il Rassemblement National (RN) di estrema destra.

Le parti avevano tempo fino alle 18 di ieri sera per registrare i contendenti, data ultima per capire quanti di sinistra e di centro hanno abbandonato la corsa nella speranza di unificare il voto anti-RN. Quest'ultimo, con gli alleati, ha ottenuto circa il 33% dei voti. Al secondo posto si è piazzata un'ampia alleanza di sinistra, al terzo i centristi di Emmanuel Macron.

Ma le possibilità di Marine Le Pen di ottenere la maggioranza assoluta nei 577 seggi dell'Assemblea Nazionale sono ostacolate proprio dalle tattiche di blocco degli avversari. In più della metà delle circoscrizioni elettorali, circa 300, si sono affermati tre candidati al primo turno di votazioni. Se in questi uno dei due candidati non RN si ritira, aumentano le possibilità che il candidato della destra estrema venga sconfitto.

A mezzogiorno di ieri circa 200 candidati di sinistra e di centro avevano ceduto il passo. Il Nuovo Fronte Popolare (NPF), che comprende dai socialdemocratici a France Insumisse di Melenchon, ha dato istruzioni a tutti i suoi candidati terzi di dimettersi e lasciare che un centrista raccogliesse il voto anti-RN.

L'NPF ad esempio sta aiutando due parlamentari pro-Macron, l'ex primo ministro Elisabeth Borne e il ministro dell'Interno Gérald Darmanin, a vincere nei loro collegi elettorali in Normandia e nel nord. Al contrario, un candidato pro-Macron si è dimesso per sostenere François Ruffin a sconfiggere il candidato del Rassemblement National nella città settentrionale di Amiens.

La mossa anti Le Pen non piaciuta assolutamente alla destra, il 28enne presidente del RN, e aspirante primo ministro, Jordan Bardella, ha condannato questi accordi come il frutto di un'alleanza del disonore tra partiti che fino ad ora sono stati l'uno contro l'altro. Bardella in realtà porta questo argomento perché le istruzioni date ai candidati del blocco centrista sono state più ambigue di quelle della sinistra. Sebbene lo stesso Macron e il primo ministro Gabriel Attal abbiano chiesto di non votare per il RN, alcuni nel suo campo ritengono che l'NPF sia altrettanto indigesto. Ad esempio figure di spicco come il ministro delle Finanze Bruno Le Maire e l'ex primo ministro Edouard Philippe, entrambi originari del centro-destra, hanno un atteggiamento non proprio amichevole nei confronti del fronte popolare.

Intanto RN sta tentando di trasformare la desistenza, un pericolo reale per loro, in una carta propagandistica. Oltre a mostrare sicurezza i candidati dell'estrema destra dicono che «è una buona notizia. Il messaggio generale che stanno dando è che l'intero sistema è contro di noi... È un'altra grande conferma e i nostri elettori ne sono stanchi». I leader del RN hanno detto che non tenteranno di formare un governo a meno che non venga data loro una maggioranza assoluta in parlamento nel voto di domenica. Questo per giocare fino all'ultimo il ruolo degli anti establishment. Tuttavia, Marine Le Pen ha precisato questo punto, quando ha detto che una maggioranza più bassa sarebbe sufficiente, se non si allontana troppo dalla soglia dei 289 membri.