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«Ma quante vittime ci vogliono ancora? Quanti altri casi Bassolino dobbiamo avere perché la politica si convinca a stipulare un patto fra gentiluomini? A stabilire una volta per tutte che non ci si può scagliare le vicende giudiziarie l’uno contro l’altro come se fossero armi, e che la delegittimazione a colpi d’indagini e processi è esiziale per la politica? Cos’altro ci vuole per capire che nessuno restituirà a Bassolino il tempo perduto?». Michele Vietti conosce bene la politica e la magistratura. È stato sottosegretario alla Giustizia e vicepresidente del Csm. Può permettersi di parlare con franchezza ai politici e ai magistrati. «È persino deprimente dover ripetere analisi sul rapporto fra politica e giustizia fatte già qualche lustro addietro».
Ora però il covid stronca ogni spazio per una riflessione seria sulla giustizia, nonostante l’incredibile caso Bassolino. O no?
Il covid è una tragedia che nessuno può sottovalutare. Ma non credo che la politica possa permettersi il lusso di sfoderare altri alibi per non far nulla. Il contesto terribile in cui siamo non impedisce, innanzitutto, di far maturare progetti di riforma che galleggiano da troppo tempo.
A quali progetti si riferisce?
Mi verrebbe da dire: che fine hanno fatto le indignatissime e risolute reazioni del legislatore annunciate all’esplodere del caso Palamara? Sa quanto tempo è passato?
Un anno e mezzo esatto dalla cena dell’hotel Champagne: 9 maggio 2019.
Interventi roboanti sulla struttura del Csm, sul disciplinare, la separazione fra carriera in magistratura e attività politica, legge elettorale per i togati: tutta materia per “Chi lo ha visto?”. Vuole un altro esempio?
Siamo qui per questo.
Parliamo di intercettazioni. Sa che anno era quando si votò a larga maggioranza il via libera a una riforma da affidare all’allora guardasigilli Mastella? Era il 2008. Ero ancora in Parlamento. Risultato: ce la siamo trascinata per altri dieci anni abbondanti, per finire con un intervento che ha cucito qualche toppa e nulla più.
Come giudica la riforma del Csm incardinata alla Camera?
Depositare un ddl in commissione è la cosa più facile del mondo. Non costa nulla. Non vedo la tensione politica, che dovrebbe spingere ad intervenire a tambur battente. Ripeto, siamo a un anno e mezzo dal deflagrare del cosiddetto scandalo e abbiamo cosa? Un ddl fermo in commissione Giustizia, che non pare messo sui binari dell’alta velocità, per cosi dire.
Antonio Bassolino: 19 processi, 19 assoluzioni, una vocazione da leader distrutta. Cosa si può dire?
Primo: lo scoramento al pensiero che si viaggia con lustri di ritardo. Secondo, una domanda: ma il famigerato circuito mediatico giudiziario, quante vittime deve ancora fare perché si ponga rimedio?
E come si rimedia?
Bassolino ha pagato in termini di emarginazione politica. Il circuito mediatico giudiziario questo è: un meccanismo di emarginazione dall’altro circuito, quello della politica. Trasforma la critica politica in sanzione penale: tu non mi piaci, devi aver commesso qualche reato...
Micidiale. E ancora attualissimo.
Certo. Ma rivolgere l’un contro l’altro l’arma giudiziaria sa cosa produce? Un effetto boomerang: io oggi scaglio l’indagine contro di te, domani tu farai lo stesso e ci delegittimiamo tutti. La critica politica è stralegittima, e se tu sbagli in termini politici ne risponderai con la perdita del consenso, ma non possiamo usare l’altro piano e, a colpi di sciagure giudiziarie, condannarci tutti a vicenda prima del processo. L’espulsione di Bassolino dal circuito politico è avvenuta, la criminalizzazione si è consumata. Lui dice di volersi ricandidare sindaco di Napoli ma, a parte che ora mi pare un’ambizione complicatissima, chi gli restituisce gli anni perduti?
Sì, ma come si fa a scongiurare la devastazione?
Certo non con il deposito dell’ennesimo ddl. La politica deve avere il coraggio di un’assunzione di responsabilità. Stipulare un patto dinanzi al Paese, e dire: ci impegnamo tutti a non usare più i giudici, e soprattutto i pm, come arma per distruggere l’avversario, perché poi i danni di sistema diventano non più riparabili.
E oggi, in concreto, il Pd riuscirebbe a strappare un patto del genere al M5S?
Sa, viviamo in tempi eccezionali, i 5 stelle in questi due anni hanno modificato tante e tali posizioni che non dispero possano cambiare idea anche su questo.
A qualche prima linea del Pd dell’epoca le sventure di Bassolino possono aver fatto comodo?
Se fosse vero, se cioè il Pd non si fosse speso per denunciare i vizi di sistema già dopo la seconda assoluzione, e non alla diciannovesima, per calcoli interni, be’, se fosse vero sarebbe la conferma più clamorosa del mio ragionamento. Io non ho elementi per avvalorare una simile ipotesi, ma non riesco a capire perché si perseveri nell’inerzia legislativa rispetto ai rischi a cui un amministratore è esposto per l’esercizio della propria discrezionalità.
Si riferisce anche alla legge Severino?
Esatto: la sospensione determinata da una condanna non definitiva è evidentemente insostenibile. Non vuol dire che si debbano allargare le maglie nei confronti di chi non abbia un curriculum specchiato. Ma che la politica deve saper selezionare la classe dirigente senza delegare la magistratura a farlo.
In attesa di un patto fra galantuomini, il Pd potrebbe sfidare il M5S sul ritorno alla riforma del carcere targata Orlando?
Orlando è stato un ottimo ministro della Giustizia, ho osservato con attenzione il suo percorso da guardasigilli. E mi piace anche che, a proposito del caso Bassolino, abbia riconosciuto la necessità di interrogarsi sul ruolo del pm. Condivido in pieno. Il pm e il giudice sono nello stesso ordine giudiziario, condividono lo stesso autogoverno, anche perché tra i doveri dell’inquirente rientra l’obbligo di condurre indagini anche a favore dell’imputato, verificare le possibili prove a sostegno della sua innocenza, e soprattutto di non chiedere neppure il rinvio a giudizio qualora non sia in grado di fare una prognosi di probabile condanna. Sono due funzioni del pm su cui si regge il punto di vista di chi non propende per la separazione delle carriere né per il superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale.
E visto che le cose vanno il più delle volte in tutt’altro modo, come si rimedia?
Non è possibile che nella carriera di un magistrato si valuti tutto tranne il fatto che, quando si tratta di un pm, una gran parte delle richieste di rinvio a giudizio è stata respinta o troppi processi si sono conclusi con assoluzione. Se un avvocato perdesse quasi tutte le cause, secondo lei continuerebbe ad avere tanti clienti? No. E perché un pm che perde i processi non deve avere conseguenze nel suo percorso professionale? Sono stato vicepresidente del Csm, qualcuno prenderà la proposta come una provocazione, ma tanti magistrati la condividono. Prima o poi una riforma della giustizia seria, che preveda anche un meccanismo del genere, andrà fatta.
Da vicepresidente del Csm che idea si fece sulla frenesia per le nomine? Dipende anche dal rilassamento per l’eclissarsi del grande nemico Berlusconi?
Non credo. La magistratura ha sofferto la crisi delle ideologie così come avvenuto in tutti gli altri settori della vita pubblica. Fino a qualche anno fa le correnti erano centri di elaborazione culturale, trascinati da un interesse vero e appassionato nel dibattito sulle riforme della giustizia. Certo, voleva dire anche adesione ideologica di alcune componenti dell’associazionismo giudiziario. Non è che in quel quadro non si pensasse alle nomine. Ma almeno le si iscriveva in una cornice definita dalle idee, dalle identità. Tramontate quelle, adesso resta solo la smania del mercato.