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Il prossimo 30 giugno la riunione del Consiglio europeo dovrebbe discutere la modifica del Trattato di Dublino, quello in base al quale i richiedenti asilo devono restare nel «Paese di prima accoglienza». E’ per quel Trattato che un po’ tutti, Merkel e Macron inclusi, ammettono che l’Italia è stata penalizzata dalla sua posizione geografica e poi «lasciata sola». La modifica di Dublino è una richiesta unanime di tute le forze politiche italiane, ma la bozza di modifica presentata dalla Bulgaria nell’ultima riunione dei ministri degli Interni della Ue è stata bocciata senza appello dall’Italia e da altri nove Paesi. Invece di migliorare le cose le avrebbe peggiorate, di fatto tagliando i fondi europei per sostenere l’accoglienza.
La lega e il ministero degli Interni di Roma, però, non si sono affatto battuti per una diversa modifica del Trattato sotto accusa, né sembrano particolarmente interessati a farlo il 30 giugno. Nel suo discorso al Senato sull’Aquarius Salvini ha doverosamente citato la necessità di modificare Dublino, ma senza martellare troppo. La sensazione precisa è che rivedere Dublino non sia né una priorità né un cavallo di battaglia del Carroccio, e in effetti è proprio così.
La Lega è poco interessata a modificare Dublino per tre diversi motivi. Il primo è che su quel fronte entrerebbe in rotta di collisione con i principali alleati in Europa, la Bulgaria e i Paesi di Visegrad che non intendono accettare quote di rifugiati. Il secondo è che, propaganda a parete, i rifugiati sono per la Lega un problema tutto sommato minore nel quadro della guerra complessiva contro l’immigrazione che intendono scatenare. Il terzo e fondamentale è che la strategia europea di Salvini è diversa e molto più ambiziosa. Mira a «conquistare» l’Europa facendo leva proprio sulle politiche dell’immigrazione, modificandone in modo sostanziale i caratteri costitutivi.
Il ministro degli Interni, che si considera e si comporta in realtà da premier, può contare sull’asse con Visegrad ma sta cercando di costruire un’alleanza parallela ben più rilevante: quella con Austria e Germania. A palazzo Madama Salvini ha vantato una piena convergenza col vicepremier tedesco Seehofer sulla necessità di “proteggere” i confini dell’Europa, che coincidono in questo caso con quelli dell’Italia. Non erano una spacconata, come non lo erano le dichiarazioni rilasciate dopo l’intervento in aula: «C’è già un accordo a tre con Austria e Germania, ma non basta. Spero si allarghi a tutta la Ue». Infatti poche ore dopo il cancelliere austriaco Kurtz si è incontrato con Seehofer e al termine ha proposto ufficialmente la costituzione di una “coalizione dei volenterosi” composta dai due Paesi e dall’Italia per fronteggiare non il problema dei rifugiati ma quello, ben più ampio della “immigrazione clandestina”. La Merkel ha cercato di frenare derubricando la coalizione dei volenterosi e la sua linea di difesa dei confini esterni a una delle molte e diverse strade per dare al problema delle migrazioni una risposta comune, tale da tener conto delle posizioni di tutti i Paesi della Ue. Ma la Cancelliera è apparsa sulla difensiva, incalzata dalla componente Csu che insiste per i respingimenti dei richiedenti asilo che, nonostante la richiesta respinta, provino a rientrare in Germania e Seehofer, che nella Csu è l “uomo- forte” minaccia di procedere comunque forte delle sue prerogative di ministro degli Interni. Così la cancelliera ha dovuto comunque inserire nella lista delle misure necessarie la protezione dei confini e finirà probabilmente per cedere anche sui respingimenti. Del resto nel Ppe l’astro nascente è ormai l’ungherese alleato di Salvini Orban che conquista posizioni ai danni della cancelliera tedesca.
La scelta clamorosa di chiudere i porti di fronte all’Aquarius non si spiega solo con la necessità del ministro leghista di presentarsi subito all’elettorato italiano come il leader che “fa quel che dice”, ma anche e anzi soprattutto a quella di edificare, praticando l’obiettivo, la nuova politica europea sull’immigrazione.
Salvini incontrerà nelle prossime settimane sia Seehofer che il ministro degli Interni austriaco Kickl, nel tentativo di chiudere quel che resta del vecchio establishment europeo in una tenaglia formata dalla coalizione dei volenterosi da un lato e dall’asse di Visegrad dall’altro. Con l’ambizione di dilagare alle prossime elezioni europee, nel maggio 2019.