Nemmeno il tempo di detronizzarlo, che il re rivuole indietro la sua corona. Si può riassumere così la richiesta arrivata da parte di Beppe Grillo di annullare il voto degli iscritti M5S che nel weekend aveva certificato l’eliminazione del ruolo del garante, e dunque la sua uscita di scena dal Movimento da lui stesso co-fondato.

La notizia era stata anticipata qualche ora prima da Enrico Maria Nadasi, amico e commercialista di Grillo, nonché cofondatore insieme al comico dell’ “associazione Movimento 5 Stelle 2013”, proprietaria del simbolo. «Valuteremo», ha risposto Nadasi a chi gli chiedeva se Grillo avrebbe impedito a Conte l’uso dell'effigie. Invitando poi Conte a farsi il suo simbolo, «Oz con i 22 mandati» lasciando perdere quello storico del partito.

«Il Movimento che abbiamo fondato non può essere stravolto - prosegue Nadasi - Se continua col simbolo del Movimento, si valuterà il da farsi: Beppe ha espresso la volontà di rivolere il simbolo indietro e di estinguerlo e io sono d’accordo con lui». Per poi lanciare l’idea di mettere il vecchi simbolo in un museo «con tutti gli altri simboli dei partiti».

Prima che venisse ufficializzata la richiesta di ripetizione del voto da parte di Grillo Nadasi si era dunque fatto suo portavoce, descrivendolo come «deluso» e «stupito» perché «delle tante persone che hanno fatto parte della storia del Movimento, nessuna di esse ha preso le sue difese, non si sono schierate, hanno aspettato, tutti appiattiti sull'attesa che Conte potesse archiviare la regola dei due mandati».

Con buona pace del povero nonché ex ministro e membro del Collegio dei probiviri Danilo Toninelli, che ha ha pubblicato la foto di una macchina per fare pop corn scrivendo «sediamoci a goderci il neonato Movimento5mandati». E anticipando anch’egli quello che sarebbe accaduto poco dopo. «Grillo chiederà la rivotazione - aveva profetizzato - Invito tutti gli iscritti delusi da questo scempio a non disiscriversi, perché quando verrà rifatta la votazione, la vostra iscrizione farà quorum, farà numero».

La risposta era arrivata da Vittoria Baldino, vicecapogruppo M5S alla Camera e contiana di ferro. «È una facoltà Statuto gli riconosce, lo stesso Statuto che però gli iscritti hanno detto va cambiato - aveva risposto a chi gli chiedeva se Grillo avrebbe impugnato il voto - Ci hanno detto per esempio che quel ruolo di garante è un ruolo con poteri abnormi quindi Grillo ha la facoltà di fare quello che vuole ma ad un certo punto deve prendere atto delle scelte degli iscritti: impugnare le votazioni sarebbe controproducente per se stesso».

Detto fatto. Nemmeno il tempo di battere l’agenzia che la notizia dell’impugnazione diviene di pubblico dominio, con conseguenti screenshot sulle chat dei parlamentari vicini all’attuale leader. Ma secondo l’avvocato Lorenzo Borrè, storico legale dei “dissidenti” grillini, il fondatore potrebbe ricorrere anche ad altre armi per riprendersi il partito. Ad esempio potrebbe «riattivare la procedura di impugnazione del vecchio Statuto, quello del 2022, che lui stesso aveva definito “seicentesco”, perché ci sarebbero, dice il legale, “dei vizi di approvazione” tali da invalidare lo Statuto in cui era prevista la figura del presidente, come avvenne già nel febbraio 2022 quando il Tribunale di Napoli deliberò la sussistenza di gravi motivi per sospendere l'efficacia dell'approvazione dello Statuto e dell'elezione di Conte. Con questa mossa, «sostanzialmente si eliminerebbe la figura di Conte», spiega ancora Borrè e sarebbe «l’ordalia finale, perché ne rimarrebbe soltanto uno».