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«Le alleanze le costruiremo. Le Amministrative saranno un primo test per l’avvicinamento. Sulle alleanze siamo in una fase di percorso e l’obiettivo è quello di un nuovo centrosinistra, guidato da noi, attorno a noi, che dialoga con il M5s». Il segretario Pd, Enrico Letta, apre l’assemblea nazionale del partito e prova a chiarire una volta per tutte la rotta da seguire. «Il tema delle alleanze si consolida anche con il sostegno al governo Draghi». I candidati? Non saranno decisi a Roma, garantisce il numero uno del Nazareno, «siamo un partito che crede nella forza dei territori, del rispetto per le scelte dei territori. Stiamo dando aiuto ai territori, con la possibilità di usare lo strumento delle primarie, che a me piace, per rendere più forte la scelta e la nostra capacità nella campagna elettorale» Letta ci tiene a rivitalizzare un partito affaticato dal peso della "responsabilità", da dieci anni unica bussola politica dei dem. Per questo ha deciso di rimobilitare la base fin dal primo giorno d'insediamento, coinvolgendo iscritti e militanti nella ricostruzione del partito. Il primo passo: distribuire questionari in ogni circolo per sondare gli umori degli iscritti. «Abbiamo visto che il metodo partecipativo è possibile. È stata una prova vincente. Il rapporto tra il centro e la base non deve essere un rapporto di controllo dal centro alla base, ma di ascolto e confronto per far vincere l’intelligenza collettiva», dice Letta. «Il partito esiste, è vivo ed è molto vivace. Questo emerge dal vademecum, un grande stimolo a lavorare insieme», aggiunge. Ma il cammino è solo all'inizio. «Con le Agorà democratiche si apre un semestre di lavoro, dal primo luglio al 31 dicembre, molto bello e molto intenso dal quale vorrei uscisse una risposta alla provocazione: non serve un nuovo segretario, serve un nuovo partito». Perché la base, secondo il segretario, non può che essere il motore del Pd, il propulsore che permette di vincere le elezioni. «Si convince il Paese non se si candidano 600 persone per il proprio seggio ma se si candidano 100mila persone per far vincere il Paese. Non 600 candidati, ma 100 mila persone, chi è candidato e chi non lo è, militanti e segretari di circoli. Vinceremo le elezioni solo se scatterà l’impegno di 100 mila persone solo se tutti noi metteremo il nostro impegno anche se non saremo candidati. Non si vincono le elezioni con un’ottima squadra di comunicatori, meglio se americana, ma con 10mila militanti. Non le vinceremo l’ultimo mese con dei messaggi ben articolate, ma se da adesso faremo questo lavoro e avremo 100mila testimoni e costruttori delle nostre idee».