L’EX GOVERNATORE SICILIANO ATTACCA IL CARROCCIO

GIUSEPPE BONACCORSI

Sicilia chiama Nord. Anzi sarebbe meglio dire la Sicilia, da Catania, critica il Nord che la Lega ha riunito a Pontida. Capopopolo della nuova disfida che riapre un cavallo di battaglia tanto caro ai ' lumbard' - quello dell’autonomia differenziata - è il leader dei ' Popolari e autonomisti' di Sicilia, quel Raffaele Lombardo, grande volpe della politica siciliana, ex governatore della Regione e artefice, durante il suo mandato, di quel progetto politico che gli permise di governare gli ultimi anni con una parte del Pd siciliano.

Lombardo, tornato in forte ascesa dopo l'assoluzione piena dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, durante la sua convention a Catania, con accanto il candidato del centrodestra, l'azzurro Renato Schifani, ha rotto di fatto l'intesa con la Lega di Salvini e dei suoi delfini siciliani e, lancia in resta, ha attaccato a cuore aperto l'autonomia differenziata che a Pontida è tornata ad essere uno dei punti nodali della nuova linea leghista.

Lombardo ha sferrato sferrando sia a livello locale che nazionale contro chi intende rimettere in discussione quel federalismo solidale che vede le Regioni più ricche sostenere le più povere. «Se alla scorse elezioni eravamo vicini al 7 per cento, stavolta ci avvicineremo al 10», ha sibilato Lombardo che poi ha di fatto rotto il patto siglato pochi mesi fa con Salvini: «L'autonomia differenziata ha detto ai cronisti - a livello economico- sociale equivarrebbe a una autentica secessione. Io sono perché si esaltino le autonomie - ha proseguito - ma occorre che si inizi da punti di partenza uguali: quando avremo pareggiato i conti per quanto riguarda infrastrutture, le reti delle telecomunicazioni, il prodotto interno lordo che cresce a velocità diverse, la piena occupazione, a quel punto più autonomia ci sarà meglio sarà per tutti. Oggi ha concluso riferendosi ai leader di Pontida - col gettito fiscale del Nord, che è nettamente superiore a quello del Sud, ci allontaneremmo sempre di più».

A Pontida Salvini ha deciso di giocarsi verosimilmente la poltrona soprattutto, dicono gli analisti, se dovesse piazzarsi al di sotto del 10 per cento, conMeloni addirittura al di sopra del 25. Con una base che mal digerisce le sue ultime alleanze al Sud, per fare della Lega un partito veramente unitario e nazionale, il segretario ha dovuto puntare nuovamente su alcuni temi tanto cari a molti leghisti che oggi cominciano a prediligere le idee dei presidenti di Regione come Zaia e Fedriga, senza dimenticare il ministro Giancarlo Giorgetti. Salvini è tornato, quindi, al ' celodurismo' alla Bossi: lotta agli sprechi e all’assistenzialismo, agli sbarchi e a tutto quello che in Europa ostacola le grandi e piccole imprese che hanno uno zoccolo duro proprio in quel Veneto al quale Salvini si rivolge quando parla di uno scostamento di bilancio da 30 miliardi, di un abbattimento delle bollette e di un riesame delle sanzioni alla Russia.

In tutto questo contesto, frutto di fibrillazioni interne in un centrodestra che rischia di ribollire già subito dopo le elezioni, Fdl sembra, come è ovvio, non preoccuparsi né di Salvini né della fuga in avanti dell'autonomismo siciliano, puntando solo a consolidare una vittoria che sembra cosa fatta. Il partito di Meloni è storicamente contrario a qualsivoglia federalismo, ma forse volendo entrare nella mente della leader, per i temi della Lega ci sarà tempo subito dopo il responso delle urne, non adesso per evitare che una nuova contrapposizione con l’alleato rischi di erodere quel risultato in percentuale conquistato al Nord. Magari come spera qualcuno in FdI un tavolo potrebbe essere aperto nel governo subito dopo il suo insediamento e chissà, forse, con i pretoriani di Salvini diventati grandi.