Era lecito attendersi il consueto balletto di cifre, sullo sciopero indetto per ieri mattina dai balneari. Soprattutto se si tratta di un'astensione con un evidente significato politico, che simbolicamente prevale sul dato numerico dell'adesione. Ma era evidente che già nelle modalità individuate nelle associazioni di categoria per la chiusura degli ombrelloni, l'obiettivo non era tanto quello di creare effettivi disagi alla clientela ( soprattutto in altissima stagione) bensì inviare un segnale chiaro e forte a chi di dovere.

E sebbene l'adesione, al di là dei comunicati di parte ( che parlano dell' 80 per cento) non sia effettivamente stata massiccia, e che la fascia oraria scelta per la serrata fosse dalle sette e mezza alle nove e mezza del mattino, le prese di posizione e le polemiche di giornata stanno a confermare che il segnale politico è stato lanciato. O meglio, che la palla ora è interamente nella metà campo del governo, che avrà un compito a dir poco arduo nello sbrogliare una situazione che, oggettivamente, non presenta sbocchi graditi ai diretti interessati. La vicenda della scadenza delle concessioni e dell'obbligatorietà della messa a bando, sancita dall'Europa in virtù della direttiva Bolkestein e ribadita da una sentenza inappellabile del Consiglio di Stato, pende come una spada di Damocle sulla base di consenso guadagnata da Giorgia Meloni, due anni fa, in virtù di una campagna elettorale a forte trazione anti- Ue e in difesa delle categorie di lavoratori più ostili alle liberalizzazioni. I taxisti che circolano nella maggiori città italiane con un cartellone sul lunotto posteriore con su scritto “No Bolkestein”, gli agricoltori che hanno più volte marciato su Bruxelles a bordo dei propri trattori e, ovviamente, i concessionari degli arenali demaniali, non hanno esitato a far convergere i propri pacchetti di voti sul centrodestra, convinti che un esecutivo guidato dal tandem Meloni- Salvini potesse lavorare efficacemente per scardinare le direttive più invise. D'altra parte, se non proprio Giorgia Meloni, più di un esponente di FdI vicino alle citate categorie si era lasciato andare a proclami roboanti, garantendo la revisione sostanziale della Bolkestein e di altre normative comunitarie.

Ma ora, dopo una melina con cui Palazzo Chigi è riuscito a buttare la palla in avanti per ben due anni, favorito anche dalla moratoria che ha accompagnato le Europee, la conferma sia di Ursula von der Leyen che della sua maggioranza non lasciano più spazio a tattiche dilatorie. Con due problemi in più, che non attengono solo alla causa dei balneari ma alla questione ben più vasta dei nuovi vincoli di bilancio: l'Italia, dopo il no del partito della premier alla rielezione di von der Leyen, è un “osservato speciale” e ha bruciato lo stock di indulgenza su cui ha potuto fare affidamento nella fase a cavallo delle elezioni. Inoltre, fino alla fine di questo mese ci sarà ancora in ballo la questione del commissario “di peso” da assegnare al nostro paese, che salvo imprevisti – sempre possibili – dovrebbe essere l'attuale ministri per gli Affari Ue Raffaele Fitto.

Quando, tre giorni fa, Fitto ha parlato di una «trattativa complicata» con l'Ue ( che minaccia apertamente il deferimento alla Corte di Giustizia) sui balneari, e quando da fonti di Palazzo Chigi è arrivato una balbettante rassicurazione circa un provvedimento «in arrivo in una delle prossime riunione del Consiglio dei ministri» che dovrebbe trovare una soluzione al rebus delle concessioni, i balneari ne hanno avuto abbastanza per confermare l'agitazione. Con le mani legate, Meloni può solo sperare che puntando sugli indennizzi per i concessionari storici e trovando nelle pieghe del Regolamento dei meccanismi che favoriscano gli imprenditori che hanno investito di più, possa arrivare a un punto di caduta non troppo indigesto per i balneari. Ma il vero timore per la presidente del Consiglio è che, come già accaduto più di una volta, a cavalcare senza alcuna remora la rivolta anti- Ue possa essere Matteo Salvini, che non a caso, a Strasburgo siede accanto al gotha dei sovranisti d'Europa. E' fin troppo facile prevedere, nel caso di una soluzione sgradita ai balneari, un'offensiva della Lega condotta a colpi di emendamenti alla Legge di Bilancio, di proteste clamorose anti- Bolkestein assieme agli esponenti orbaniani. Che magari non sortirebbero alcuni effetto concreto sulla normativa, ma potrebbero riportare all'ombra del Carroccio una parte dei voti che da qualche tempo hanno preso la strada di via della Scrofa. Quelli che Meloni sta difendendo con le unghie e coi denti. Al Papeete, per la cronaca, lo sciopero lo hanno fatto. `