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“Garantisti al massimo finché la persona è sotto processo, rigorosi al massimo nella certezza della pena”: pochi sanno tradurre in forma concreta la controversa massima di Fratelli d’Italia. Pochi ci riescono come Edmondo Cirielli, che ha trovato la via per dare attuazione anche al primo dei due assiomi, alla parte garantista della linea Meloni: perché l’attuale viceministro degli Esteri è, come ha segnalato due giorni fa il Fatto quotidiano, firmatario di una proposta di legge che modifica radicalmente i presupposti per l’adozione della custodia cautelare.
Rende più stringenti le tre famose condizioni per ricorrere al cosiddetto carcere preventivo: servono atti concreti dell’indagato per ritenere che possa inquinare le prove, ci si deve trovare non di fronte a un pericolo ma a un vero e proprio tentativo di fuga, se lo si vuole arrestare in modo da scongiurarne l’irreperibilità, e il concetto di mero pericolo va superato anche riguardo alla reiterazione del reato, nel senso che se il pm vuol chiedere al gip di mettere in cella l’indagato deve produrre elementi di prova sull’imminenza di ulteriori condotte illecite. Sarebbe una svolta, persino più netta di quella che avrebbe potuto realizzarsi col referendum promosso nella primavera del 2022 da Partito radicale e Lega.
All’epoca la vittoria del sì avrebbe limitato la custodia cautelare solo quando basata sul rischio di reiterazione del reato, senza modificare la genericità degli altri due presupposti.
Ora, come ha chiarito il quotidiano diretto da Marco Travaglio, nel partito di Giorgia Meloni non c’è molta voglia di esporsi su una proposta del genere. «Se ne occuperà Nordio a tempo debito», ha però dovuto concedere la fonte di Fratelli d’Italia interpellata dal Fatto. E non potrebbe che essere così: non solo la lotta agli errori giudiziari è nell’agenda del centrodestra, ma il guardasigilli l’ha puntualmente declinata anche in un’ipotesi di revisione della custodia cautelare quando, nel presentare le proprie linee programmatiche in Parlamento, ha aperto con decisione a una proposta della minoranza, del Terzo polo e del vicesegretario di Azione Enrico Costa in particolare: affidare non più al gip monocratico ma a un collegio le valutazioni sulle richieste di misure cautelari avanzate dalla Procura. Il che non dimostra, certo, l’immediata disponibilità di via Arenula a sposare ad occhi chiusi la proposta Cirilelli, ma diciamo che si tratta di un’ottima premessa.
Il ministro della Giustizia sa d’altra parte che deve attenersi al cronoprogramma concordato con la premier. E in quella tabella di marcia c’è la revisione dell’abuso d’ufficio, non la riforma del carcere preventivo. Se ne potrebbe occupare autonomamente il Parlamento, ma ormai l’impulso non può promanare da Cirielli, che ha depositato il proprio testo all’esordio delle nuove Camere, il 13 ottobre – insieme con numerose altre, quasi tutte di segno diverso, cioè “rigorista” –, e che comunque nel frattempo non avrebbe modo di seguire la materia visto che è alla Farnesina.
C’è Costa che, come detto, condivide con Cirielli una sorta di primogenitura sul tema: «Ma non vedo una strada in discesa, per una proposta come quella di Cirielli, considerata la linea assai diversa che questa maggioranza segue sulla giustizia», dice il vicesegretario del partito di Calenda. «Sicuramente il testo del viceministro di FdI sarebbe un passo avanti nella direzione necessaria, ma mi sembra difficile che lo sostengano. Riguardo alla valutazione collegiale delle misure cautelari, a breve intendo presentare la proposta come emendamento all’interno di un altro veicolo legislativo. Nordio si è detto disponibile, ma ribadisco il mio scetticismo su improvvise conversioni garantiste della coalizione di governo». Eppure Costa potrebbe presto trovarsi meno isolato nella battaglia per ripristinare le garanzie in ambito penale: sembra pronta a schierarsi quanto meno Forza Italia, che proprio sulla custodia cautelare depositerà a breve un proprio testo: «Va in una direzione più radicale rispetto a quanto indicato dal viceministro Cirielli», spiega al Dubbio Pietro Pittalis, deputato azzurro della commissione Giustizia, «nel senso che noi recuperiamo l’obiettivo dell’ultimo referendum ed eliminiamo la reiterazione del reato dal novero dei presupposti che consentono il carcere preventivo. È una soluzione necessaria, ritengo, perché oggi il pericolo di reiterazione viene utilizzato dal pm come mera formula di stile», osserva Pittalis. «Si sostiene che l’indagato potrebbe ripetere la condotta illecita senza però addurre la benché minima motivazione. Certo, proprio sulla reiterazione, il testo di Cirielli aggiunge un elemento di concretezza molto utile. E considerato che su una questione del genere si dovrà trovare una convergenza nella maggioranza, se non anche al di là del centrodestra, la proposta dell’attuale viceministro potrebbe tornare preziosa».
Si potrebbe aggiungere un ulteriore dettaglio: a proporre di eliminare del tutto la reiterazione dal catalogo dei presupposti per il carcere preventivo è stata appunto la Lega con il referendum della primavera scorsa. La quale Lega al momento non si sbilancia su una riforma della custodia cautelare più chirurgica e articolata qual è quella di Cirielli. Ma certo per il partito di Matteo Salvini sarà difficile spiegare un’abiura, nel momento in cui FI spingerà per dire addio agli arresti facili.