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Prima di sedersi a un tavolo per parlare di Europa ed eventuali rimpasti di governo, Matteo Salvini aspetta la conclusione di questa lunga tornata elettorale. Sì, perché la partita delle urne non è finita il 26 maggio col trionfo del Carroccio alle Europee.
Restano da assegnare ancora 136 Comuni con più di 15mila abitanti in cui domani si svolgeranno i ballottaggi per l’elezione dei sindaci. In ballo ci sono ancora 13 capoluoghi di provincia e due di regione: Campobasso, Potenza, Ascoli, Avellino, Biella, Cremona, Ferrara, Foggia, Forlì, Livorno, Prato, Reggio Emilia, Rovigo, Verbania, Vercelli. La Lega si gioca le sue chances quasi ovunque, a differenza del Movimento 5 Stelle, in gara solo a Campobasso, dove il grillino Roberto Gravina, partendo dal 29,4 per cento del primo turno, dovrà vedersela con Maria Domenica D’Alessandro, candidata del centrodestra che il 26 maggio ha ottenuto il 39,7 per cento dei consensi. La rimonta molisana non sembra impossibile, una vittoria a Campobasso non sarebbe un “gol della bandiera” per un Movimento uscito con le ossa rotte dalla consultazione elettorale, ma una vera e propria boccata d’ossigeno per Di Maio e Casaleggio. Ago della bilancia, almeno in Molise, potrebbe essere il Pd - il cui candidato si è fermato al 26 per cento dei consensi al primo turno - che oggi dovrebbero ufficializzare il loro atteggiamento nei confronti dei due aspiranti sindaci. Salvini osserva l’evolversi della situazione senza alcun patema d’animo, consapevole delle capacità del suo partito che potrebbe eleggere un primo cittadino persino a Potenza. Il Carroccio ha un solo obiettivo in testa: portare a casa il maggior numero possibile di voti per poi andare definitivamente all’incasso a Palazzo Chigi.
A partire da lunedì, quando in Consiglio dei ministri Salvini potrà già dettare la sua linea in tema di mini bot, sicurezza e autonomia. E consegnare magari nelle mani di Conte e Di Maio la lista dei ministri e dei sottosegretari sgraditi alla Lega da rimuovere in caso di rimpasto. La poltrona più ballerina in questa prospettiva sembra quella di Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture, noto non solo per le gaffe rese celebri da Maurizio Crozza ma anche per le sue posizioni No Tav. E in un contesto di rapporti di forza invertiti i leghisti non accetteranno più altri stop alle grandi opere. Il Carroccio potrebbe dunque pretendere un avvicendamento al vertice del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per ratificare il cambio di passo. E in attesa di individuare il sostituto di Paolo Savona ( mai rimpiazzato agli Affari europei), Salvini potrebbe chiedere la testa di altri membri pentastellati di governo. A partire dalla ministra della Salute Giulia Grillo e la sottosegretaria all’Economia Laura Castelli. Dovrebbero essere blindati invece la ministra della Difesa Elisebetta Trenta e il responsabile dell’Ambiente Sergio Costa. Ma la resa dei conti è solo all’inizio.