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NON SOLO IV, ANCHE M5S E PD SONO STUFI DI UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CHE DIFFIDA DEI PARTITI CON CUI GOVERNA
Matteo Renzi non è l’unica fonte di problemi per il premier Ma il Capo dello Stato vuole scongiurare una crisi al buio
Nel discorso di fine d'anno del Capo dello Stato i riferimenti alla crisi che si sta per aprire sono stati chiari, con il richiamo al «tempo dei costruttori», al senso di responsabilità, all'obbligo di non «distrarsi» e di procedere rapidamente con il Piano italiano. Ma sono stati anche molto ellittici, indiretti, allusivi. Volutamente prudenti. Mattarella ha scelto di esporsi meno di quanto avrebbero fatto i suoi predecessori e di quanto lui stesso in un altro momento avrebbe fatto in simili frangenti. È una scelta eloquente e indicativa, probabilmente il vero tratto saliente del suo messaggio. Se il Presidente decide di non scopririsi e di tenere le sue carte coperte è probabilmente perché si rende conto di quanto difficile e delicata sia la situazione che si profila e di quanto calibrato e basato su una scelta precisa dei tempi debba essere di conseguenza il suo intervento.
Mattarella sa perfettamente che la crisi non si riduce alle manovre di Renzi. Senza un terreno adeguato quelle manovre avrebbero avuto poco respiro e lo stesso leader di Iv, politico che ama l'azzardo ma tutt'altro che sprovveduto, avrebbe evitato di imbarcarsi in un'impresa fallimentare in partenza. Il guaio è che la crisi non è affatto frutto solo della levata di scudi di un leader riottoso. A monte c'è un nodo politico reale che si è reso negli ultimi mesi sempre meno districabile.
Il modello di governo adottato da Giuseppe Conte è in realtà inedito e risponde a una logica precisa, non lontana da quella originaria del M5S e oggi da quelle dell'influente gruppo politico- editoriale del Fatto. Dai partiti, in questa ottica, bisogna guardarsi, anche e forse soprattutto da quelli di maggioranza. Sono quelli dell'assalto alla diligenza, della rappresentanza di interessi lobbistici, dell'ostacolo permanente a una amministrazione funzionale ed efficiente. Di conseguenza non basta mettere il Parlamento in condizione di non nuocere con la doppietta decretazione/ fiducia, pratica già adusa da tempo. Bisogna anche disarmare e tenere fuori dalla porta i partiti, specialmente quelli della maggioranza.
Conte si muove in questa direzione a tutto campo, a partire dalla sua stessa conclamata esternità ai partiti. Moltiplica i comitati tecnici che fanno capo a lui. Ha sostituito gli antichi vertici di maggioranza con quello dei capidelegazione, tutto interno al governo. Evita metodicamente di seguire le indicazioni dei partiti che lo sostengono e spesso tenta di metterli di fronte al fatto compiuto. Il problema è che però quei partiti contro i quali in un certo senso Conte governa sono quelli che lo hanno insediato a palazzo Chigi e che gli permettono di restarci. È questo il nodo che ha portato sempre più alle stelle il disagio e l'irritazione del Pd ma anche di una parte del M5S ed è in questo scenario che Renzi ha colto l'occasione per lanciare la sua offensiva.
Anche la scelta del momento è molto meno peregrina di quanto non possa apparire e non venga effettivamente fatto sembrare. È ovvio che il nodo arrivi al pettine prima che vengano assunte decisioni dalle quali non dipenderanno esiti circoscritti ma che condizioneranno il futuro del Paese per decenni. Nel complesso, dunque, la crisi sarà molto più complessa di quanto non sarebbe se in ballo ci fosse davvero solo il duello tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte, come può sembrare in superficie.
A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge l'incognita delle elezioni. Mattarella ha fatto sapere già da settimane che una crisi porterebbe probabilmente al voto anticipato. È presumibile però che il messaggio avesse essenzialmente funzioni di deterrenza. Non si tratta solo della difficoltà di convocare i comizi e aprire le urne in piena pandemia, nel cuore di una difficile vaccinazione di massa, alle porte di scelte decisive di politica economica che verrebbero congelate. C'è questo ma c'è anche molto di più. Nella situazione data, con questa legge elettorale e con il taglio dei parlamentari stabilito dalla riforma costituzionale le chances di una vittoria schiacciante della destra ( in termini di rappresentanza parlamentare se non di voti assoluti) sono molto alte. Ma una destra antieuropeista al potere oggi creerebbe una situazione molto pericolosa, con il Recovery Plan che impone un rapporto di massima collaborazione con la Ue e alle porte dell'elezione del nuovo presidente ( tanto più che Mattarella ha sottolineato che questo sarà l'ultimo anno del suo mandato, allontanando così pur senza cancellarla del tutto l'ipotesi di una sua rielezione). Nelle prossime settimane, salvo ripensamenti o di Renzi o di Conte dei quali al momento non si intravede traccia, il Presidente dovrà dosare l'uso delle armi a sua disposizione, prima fra tutte le scioglimento delle Camere e/ o la sua minaccia, proprio per evitare una crisi al buio e elezioni ancora più al buio. Per questo, pur lasciando capire il proprio orientamento, ha scelto di non scoprire in anticipo le sue carte.