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French far-right leader Marine Le Pen reacts at the National Assembly during a session Tuesday, April 1, 2025 in Paris. (AP Photo/Michel Euler) Associated Press / LaPresse Only italy and spain
Dunque Marine Le Pen è ineleggibile. Ma la notizia vera, quella che tutti fingono di non vedere, è che non è la magistratura ad aver “abbattuto” la leader del Rassemblement National. È stata la politica. Ancora una volta. Come da manuale.
Nel 2016, nel clima moralizzatore e stanco della presidenza Hollande, il governo socialista approva la legge Sapin 2, battezzata con nome da detersivo ma con spirito da ghigliottina. Obiettivo dichiarato: lotta alla corruzione, trasparenza, igiene della vita pubblica. Obiettivo reale: dotare i giudici di un’arma automatica, l’ineleggibilità, da applicare come un algoritmo morale. In caso di condanna, niente più discrezionalità: fuori dal campo politico per cinque anni. Senza se e senza ma. Senza appello. O meglio: con appello, ma nel frattempo sei già fuori.
Somiglia a qualcosa? Certo somiglia a qualcosa che qui da noi conosciamo bene. L’Italia ha avuto, e ha ancora, la sua versione nazionale di questo teorema: si chiamava Tangentopoli prima, e legge Severino poi. Anche noi abbiamo creduto, o finto di credere, che bastasse una riga scritta da un giudice per purificare la democrazia. Anche noi abbiamo fatto la guerra al ceto politico armando i pubblici ministeri, concedendo loro il potere di decidere chi può e chi non può candidarsi, chi è degno e chi è “inadeguato”. Salvo poi stupirci quando la democrazia risultava amputata.
Ma attenzione: Marine Le Pen non molla. È scesa in campo poche ore dopo la condanna, accusando la giustizia di «pratiche da regime autoritario» e annunciando che «non si lascerà eliminare in questo modo». Il Rassemblement National ha lanciato una petizione di sostegno – «Salviamo la democrazia, sosteniamo Marine» – e ha chiesto un'udienza d'appello accelerata. Jordan Bardella parla di «scandalo democratico», Marion Maréchal sfila nei talk-show, Jean-Philippe Tanguy, presidente del Rassemblement, ripete e giura che non esiste nessun piano B: «Marine è e resta la candidata del 2027».
Ma sono parole a caldo, frasi di circostanza. Dietro l’apparente muro pro-Le Pen (“Je suis Marine”, scrivevano ieri l’altro i lepenisti d'oltre frontiera), la politique politicienne si sta muovendo e il giovane Bardella già prepara l’assalto all’Eliseo del 2027. E in molti, proprio a destra, sono convinti che il rampollo della droite francese abbia molte più chance di Marine, segnata da un cognome ingombrante e un po’ logoro. Soprattutto se, come è probabile, l’avversario sarà Jean-Luc Mélenchon, spauracchio della classe media francese e ontologicamente incapace di rassicurare l’elettorato moderato.
Ma questa è un’altra storia. Il punto, almeno in questo momento, è un altro: ovvero il rapporto malato tra giustizia e politica. E su questo dobbiamo essere chiari: la giustizia ha preso il sopravvento perché la politica - in Francia come in Italia - le ha passato le chiavi. Per pigrizia, per vigliaccheria, per calcolo. Come sempre. È il legislatore che ha trasformato la sentenza in uno strumento di interdizione politica. È la sinistra che ha inventato le regole con cui ora viene esclusa la destra. E sarà un’altra destra – prima o poi – a usare lo stesso strumento contro la sinistra. Perché il moralismo è un’arma che gira, non una protezione.
E allora, chi è davvero colpevole? Marine Le Pen o l’epoca che ha scambiato il diritto per la politica e la giustizia per l’alternanza di governo? A pensarci bene, forse nessuno. O forse tutti. L’Europa continua a credere che i giudici siano più affidabili degli elettori. Almeno finché non scopre che i giudici, come gli elettori, hanno le loro preferenze. E sì perché nessuno può dormire sonni tranquilli: il boomerang è in volo. E fa un rumore sinistro e familiare.
P.s. Nel lontano 1994 un avvocato francese - circostanza affatto casuale -, Daniel Soulez Larivière, scrisse un pamphlet geniale e fulminante. Si chiamava “Il circo mediatico-giudiziario”. È la genesi e l’evoluzione di come il leviatano mediatico-giudiziario abbia condizionato la vita politica del paese e di come abbia scardinato il giusto processo. Forse è da lì che dobbiamo partire per capire quel che sta accadendo.