I media hanno le loro esigenze, devono aver qualcosa da strillare e l'arresto dopo 44 anni di un brigatista non notissimo come Leonardo Bertulazzi non offriva material sufficientemente ghiotto. Il legame con il sequestro Moro è saltato fuori così e dire che è tirato per i capelli è ancora poco. Bertulazzi secondo l'accusa avrebbe partecipato al sequestro di Pietro Costa, uno dei figli di Giacomo Costa, stirpe d'armatori di primissima categoria in Liguria. Costa, 42 anni fu rapito il 12 gennaio 1977 e rilasciato il 3 aprile dello stesso anno in cambio di un miliaro e 300 milioni di lire. Con quei soldi, divisi tra le varie colonne operanti nelle diverse città, le Br ci camparono per anni. La colonna romana ne adoperò una parte per affittare l'appartamento di via Montalcini dove nel 1978 fu tenuto prigioniero Aldo Moro. L'aneddotica brigatista intorno a quel sequestro è fitta: dalla tenacia con cui la famiglia trattò in modo da limitare al massimo il danno economico alle banconote del riscatto segnate che dovettero essere lavate una per una e ci volle parecchio. L'aneddoto principale, però, lo regalò lo stesso sequestrato: al momento della liberazione gli furono riconsegnati gli effetti personali. Segnalò che mancava un biglietto dell'autobus non ancora usato e pretese di riaverlo. Costa però ha in seguito parzialmente smentito, sostenendo che si era trattato non di un biglietto del bus ma della tessera per entrare al porto.

Bertulazzi è stato condannato per aver preso parte a quel sequestro: di qui il legame con il sequestro Moro. In realtà la presenza di Bertulazzi nel commando di 6 briagatisti che sequestrò il rampollo è dubbia. Nel suo esaustivo studio sulla colonna genovese, gli Imprendibili Andrea Casazza cita Mario Moretti, organizzatore dell'azione, Rocco Micaletto, Luca Nicolotti, Franco Bonisoli, Lauro Azzolini e Prospero Gallinari. Certamente però la colonna genovese ebbe un ruolo centrale nell'organizzazione del sequestro e altrettanto certamente Bertulazzi nel '77 faceva parte di quella colonna.

Nato nel 1951 a Verona ma cresciuto poi a Genova, in una famiglia rossa per tradizione: il padre era stato tra i fondatori del Pci nel Veneto. Aveva alle spalle una militanza molto attiva in Lotta continua ed era stato arruolato dalle Br, col nome di battaglia "Stefano" nell'autunno del 1975, da Mario Moretti e Rocco Micaletto, allora il principale dirigente della colonna genovese. Per la polizia era già quasi una vecchia conoscenza: nel 1972 era stato fermato per blocco stradale, nel '75 denunciato per violenza a pubblico ufficiale. Nella notte del primo luglio del '77, a sequestro Costa già concluso, "Stefano" venne soccorso e portato in ospedale, reaprato grandi ustioni, da un automobilista. Riportava in effetti ustioni serie sulle mani e racconto di aver trovato sulla spiaggia di Vesima una sacchetto contenete una rudimentale bomba che gli era poi esplosa in mano. Gli inquirenti ovviamente non gli credettero e lo rinviarono a giudizio per detenzione e trasporto di ordigno esplosivo: a sostenere l'accusa fu il magistrato Mario Sossi, rapito dalle Br nel 1974.

Bertulazzi fu condannato a due anni e mezzo nel gennaio 1978, poi ridotti in appello a due anni. In ottobre fu affidato ai servizi sociali e non perse un attimo a sparire e rientrare a Genova in clandestinità. Quasi due anni dopo, il 18 settembre 1980, fu sorpreso dalla polizia mentre con due compagni studiava un attentato contro la caserma dei carabinieri di Brignole. I due militanti della Brigata 28 marzo "affiliata" alle Br furono arrestati. Bertulazzi riuscì a fuggire ma proseguendo la militanza nell'Organizzazione armata sia nella colonna veneta che in quella napoletana.

In Argentina, dove si era trasferito dopo essere passato per la Grecia e il Portogallo era stato arrestato nel 2002 ma rilasciato dopo 8 mesi perché l'Argentina non concede estradizione nei casi dei condannati in contumacia. Nel 2017 la Corte d'appello di Genova aveva dichiarato estinta per prescrizione la sua pena ma l'anno seguente la stessa Corte ha modificato la sentenza, stabilendo che i termini della prescrizione dovevano essere conteggiati a partire dall'arresto del 2002. Due giorni fa Bertulazzi, dopo decenni dai fatti, è stato arrestato. Forse verrà estradato in Italia per scontare una pena oltre i termini della prescrizione. Ma che l'Argentina conceda l'estradizione non è affatto certo.