Francesco Spano, capo di gabinetto dimissionario del ministero della Cultura, in una intervista alla "Stampa" dice: «Io credo che sia legittimo, per ciascuno di noi, non condividere e financo disapprovare le scelte altrui, ma il rispetto per la vita degli altri, e per l'altro a prescindere, è un principio di civiltà invalicabile». C'è una questione di merito. Nel 2023, mentre era segretario generale del Maxxi, al suo compagno Marco Carnabuci fu assegnata una consulenza legale da 14 mila euro annui: «Il mio compagno, che è un libero professionista, era consulente della Fondazione già prima che io vi tornassi come segretario generale e ha svolto per il Maxxi attività diverse. L'incarico del 2023 fu assegnato sulla base di una procedura comparativa di offerte a cui furono invitati tre diversi studi legali. La sua risultò la più vantaggiosa. Io non presi parte a nessuna delle fasi di valutazione delle proposte, di aggiudicazione e assegnazione dell'incarico. Fu tutto gestito dall'ufficio legale». Ma decise di lasciare l'incarico al ministero della Cultura: «Il clima complessivo che si era creato da settimane non mi avrebbe consentito di lavorare. A volte è doveroso assumere decisioni anche se profondamente ingiuste serenamente. Sulla vicenda specifica, sono sicuro che verrà fatta chiarezza».

Nella lettera di dimissioni parla di “sgradevoli attacchi personali”: «Prima ancora della nomina, era già partito un processo di discredito personale e professionale che è andato ben oltre il legittimo diritto di critica delle scelte altrui». In una chat romana di Fratelli d’Italia è stato indicato con l'insulto omofobo “pederasta”.

L'episodio ha contribuito al suo passo indietro: «L'epiteto che mi viene rivolto è gravissimo nella sua portata lessicale e, ancor più, nel significato. Ringrazio, anzi, il coordinatore di quella chat per aver prontamente stigmatizzato la cosa. Ma quello che è diventato insopportabile è stata la continua macchiettizzazione della mia persona e della mia vita privata da parte di certa stampa e di certa società cosiddetta “civile”».

Alessandro Giuli sostiene di aver rifiutato più volte le sue dimissioni: «Il ministro mi ha mostrato la sua stima e il suo sostegno costantemente. A volte, però, è necessario prendere decisioni che vanno oltre le nostre opinioni e le nostre intenzioni e che è doveroso assumere anche se profondamente ingiuste».

Il tema dell'omofobia è «gigantesco nel nostro Paese, ma ancor peggiore è il ricorso al discredito personale e del privato di una persona per fini strumentali, di potere, di audience, di quello che vuole. La domanda è: ci si rende conto del male che si fa alle persone? Alle loro vite? È giusto consentirlo?» conclude Spano.