Sembrava che la deflagrazione del conflitto tra toghe e governo, seguita all'avvio dell'indagine sulla premier e su altri tre membri dell'esecutivo sulla vicenda Almasri, avesse in qualche modo rafforzato la posizione della ministra del Turismo Daniela Santanchè. Più di un osservatore, infatti, aveva ipotizzato che Meloni si fosse decisa a non toccare Santanchè per non dare l'impressione di farsi condizionare dalle indagini giudiziarie, sebbene avesse chiaramente manifestato le proprie perplessità sull'atteggiamento assunto da Santanchè, rinviata a giudizio per presunte false comunicazioni sociali della società Visibilia.

Quello che è successo oggi a Montecitorio, però, anche se nessuna decisione è stata assunta in merito da Palazzo Chigi e la ministra è ancora al suo posto, da un punto di vista simbolico lascia pensare che la presidente del Consiglio stia mantenendo il pressing affinché la ministra si dimetta, e che quindi sia ancora vivo il suo malumore per alcuni frasi pronunciate nei giorni scorsi dalla diretta interessata, a partire dal “me ne frego” su quello che pensano dentro Fratelli d’Italia su di lei.

L'aula della Camera, nel primo pomeriggio, era chiamata ad avviare la discussione generale sulla mozione di sfiducia alla ministra, presentata da M5s e poi sottoscritta sia dal Pd che da Avs. A differenza della volta scorsa (si tratta della seconda mozione contro la ministra) nessun esponente di maggioranza ha preso la parola in sede di dibattito per fare da sponda alla ministra o difenderne l'operato. Al contrario, l'emiciclo ha visto susseguirsi esclusivamente gli interventi – durissimi – dei deputati dell'opposizione (presenti Elly Schlein e Giuseppe Conte), con pochissime presenze tra i banchi del centrodestra e del governo (si segnalano il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani e quello del Sud Nello Musumeci).

Nel partito di riferimento di Santanchè, Fratelli d'Italia, si contavano una decina di presenze. Difficile pensare che questa situazione non si sia creata per un impulso, diretto o indiretto che sia, proveniente da Palazzo Chigi, e che ora la palla non sia tutta nel campo della ministra, che dovrà decidere se resistere a oltranza alla volontà del capo dell'esecutivo, o se alla fine deciderà di fare un passo indietro, complice anche il progresso dell'altra inchiesta a suo carico, quella sulla presunta truffa all'Inps per la cassa Covid, che Meloni ritiene anche più grave del filone sulle false comunicazioni sociali. Naturalmente, ciò non avverrà in aula, dove per motivi ovvi la maggioranza respingerà la mozione dei “giallorossi”, sarà comunque interessante vedere con quali parole il rappresentante di FdI accompagnerà la dichiarazione di voto a favore della ministra.

Nel frattempo, l'opposizione ha avuto campo libero e ha scelto di enfatizzare proprio l'isolamento di Santanchè, che ha scelto di non replicare alla fine della discussione, forse decidendo di farlo il giorno del voto, che verosimilmente cadrà questa settimana. «La ministra», ha affermato Vittoria Baldino, del M5s, «non è più gradita nemmeno alla maggioranza e lo dimostra la `folta´ presenza di esponenti di maggioranza che dovrebbe appoggiarla in quest'aula», mentre il suo collega e capogruppo Francesco Silvestri è andato oltre, parlando di una ministra «politicamente indegna». Per i dem è intervenuto Toni Ricciardi: «La domanda che vorrei fare», ha affermato, «non è a lei ministra ma a Giorgia Meloni: perché il ministro Sangiuliano è stato invitato a dimettersi e la stessa cosa non avviene con Santanché? Esistono leve di ricattabilità che la ministra del Turismo può vantare a differenza di Sangiuliano? Meloni è ricattata da Santanché? Non ha forza di pretendere le dimissioni di una ministra che imbarazza il governo, il suo partito e tutte le istituzioni. Sta difendendo l'indifendibile», ha concluso, «si tolga dall'imbarazzo e chieda dimissioni di Santanchè». Filiberto Zaratti, di Avs, chiede «che sia fatto un processo di verità e che il governo rimuova quest'ombra, che è la ministra Santanchè» mentre, pur non avendo firmato la mozione del M5s, Azione conferma che la voterà, anche se per Calenda si tratta di un'iniziativa che finirà per rafforzare il governo Meloni. Un voto che si preannuncia ad alta tensione, come testimonia anche la conclusione della seduta di oggi, quando al momento di lasciare l'aula, la ministra è stata accompagnata dal grido “vergogna” da una parte dei deputati d'opposizione.