Alla fine il Pd si è deciso a presentare la mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Nordio per il caso Almasri. Lo ha fatto sapendo di non avere alcuna possibilità di vittoria, considerazione che spiega le esitazioni superate due giorni fa. È una mossa dettata dall’impotenza: Elly Schlein non ha trovato altra strada per tenere i riflettori accesi su uno scandalo che la premier mira solo a far dimenticare.

I 5S hanno seguito il Pd senza alcuna convinzione. Da comunicatore eccellente qual è, Conte ritiene che andare a sbattere con una mozione di sfiducia sconfitta in partenza sia perdente e che la sola carta da giocare sia pretendere che a riferire sul caso in aula si presenti la premier. Sa benissimo che solo in questo modo la vicenda assumerà anche agli occhi di un elettorato vasto e distratto quel carattere di scelta politica che in effetti ha. Ma anche Giorgia Meloni è una comunicatrice di serie A e per lo stesso motivo per cui Conte e Schlein la vogliono in aula è ben decisa a non dargliela vinta. E anche in questo caso l’opposizione è impotente: non ha armi di sorta per imporre alla presidente del Consiglio di assumersi ufficialmente e in aula la responsabilità del fattaccio.

L’opposizione però non può lamentarsi. Non più di quanto potrebbe farlo l’attuale maggioranza a parti rovesciate. Tutti nel corso degli ultimi trent’anni si sono alacremente dati da fare per spogliare il Parlamento di ogni ruolo e per lasciare non solo l’opposizione di turno ma anche la maggioranza di volta in volta in carica prive di strumenti per condizionare i governi. La micidiale tagliola adoperata da tutti con vera voluttà, quella composta dalla decretazione d’urgenza accoppiata se del caso al voto di fiducia, ha sottratto quasi ogni ruolo legislativo al potere che sarebbe di nome legislativo. Di leggi rilevanti nate dall’iniziativa parlamentare se ne contano in media una, al massimo due, per ogni legislatura. Il potere esecutivo è di fatto anche legislativo e grazie alla fiducia sfugge a ogni controllo anche da parte della maggioranza che lo sostiene.

Allo stesso tempo, sempre in nome della governabilità, sono state sottratte al Parlamento tutte le armi che permettevano all’opposizione di avere un ruolo e qualche reale potere. Sulla carta non c’era alternativa, pena la paralisi totale. Nel concreto, come l’esperienza della prima Repubblica nella sua lunga fase più vitale dimostra, l’alternativa ci sarebbe stata: basata su un certo tasso di dialogo e di concertazione anche tra maggioranze e opposizioni tanto strenuamente rivali quanto lo erano negli anni dello scontro internazionale tra i blocchi. Insomma, l’opposizione ha ragione nel lamentare una situazione che la lascia senza alcun ruolo. Ma in materia ha responsabilità anche maggiori di quelle a carico dell’attuale maggioranza: il colpo di grazia che ha cancellato le ultime vertigia della centralità del Parlamento lo hanno sparato i governi tecnici, sostenuti e voluti dal centrosinistra.

Il caso Almasri illustra un altro vizio strutturale della situazione italiana. La sola possibilità di tenere alta la vicenda è nelle mani della magistratura. Del resto senza l’astuta denuncia dell’avvocato Li Gotti la premier sarebbe già riuscita a “voltare pagina” come non nasconde affatto di voler fare. Se il tribunale dei ministri chiederà al Parlamento l’autorizzazione a procedere contro la presidente e tre fra i principali esponenti del suo governo la richiesta sarà certamente bocciata. Però difficilmente la premier potrebbe evitare di affrontare l’aula al momento del dibattito sul voto e proprio su questo conta il leader dei 5S. Se poi fosse la Corte internazionale dell’Aja ad aprire un vero procedimento di fatto contro il governo italiano di voltare pagina non sarebbe neanche più il caso di parlare.

La vicenda è eloquente. L’invadenza della magistratura negli ultimi decenni è un dato di fatto ma quell’invadenza si spiega anche con un vuoto che in qualche modo finisce inevitabilmente per essere riempito: dal potere esecutivo, da quello giudiziario, da istituzioni come la presidenza della Repubblica il cui ruolo esce per forza ingigantito dalla scomparsa di quello che dovrebbe essere il muro maestro dell’architettura istituzionale, il potere legislativo. Ma la cosa davvero sconcertante è che a nessuno sembri bizzarro il caso di una repubblica parlamentare nella quale proprio il Parlamento è ridotto a simulacro.