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ANTONIO TAJANI SEGRETARIO NAZIONALE AZZURRO E MINISTRO DEGLI ESTERI
La prima sorpresa è stata la sopravvivenza di Forza Italia al trapasso del suo fondatore, leader, padrone e animatore. Non ci credeva nessuno e quindi già sembrava un miracolo.
La seconda sorpresa, ancor più inattesa, è che la Forza Italia post Silvio ha in mente un progetto politico preciso, ambizioso, difficile ma non irrealistico: diventare il soggetto egemone di una forza di destra compiutamente liberale, tanto esposta e aperta sul terreno dei diritti e delle libertà da risultare appetibile non solo per l'elettorato più moderato del centrosinistra ma addirittura per una parte della base del Pd: quella che apprezzava l'idea di un partito aperto sui diritti civili e molto meno attento al sociale. Quello che si è trovato spiazzato dalla svolta ' sindacale' di una leader che mira a recuperare il ruolo appunto sociale che prima di lei il Pd aveva completamente smarrito.
L'intero partito azzurro sottolinea con cadenza quotidiana che questo era l'orizzonte verso il quale veleggiava già Berlusconi. Persino Miccichè, dirigente azzurro della prima ora, dal 1994, ha giustificato la sua scelta di strappare la tessera per passare al Movimento di Raffaele Lombardo con una non sufficiente attenzione proprio al tema dei diritti, deriva «che Berlusconi non avrebbe mai permesso». I tanti che invocano lo spettro di re Silvio hanno ragione naturalmente, ma solo in parte.
La mastodontica Fi di Berlusconi è stata un'infinità di cose diverse, ha cambiato fisionomia a seconda dell'approccio propagandistico scelto di volta in volta dal capo e spesso è stata più cose insieme nello stesso momento. Dunque, sì, la suggestione iniziale di Berlusconi era davvero ' il partito liberale di massa' e in nome di questa suggestione avevano risposto all'appello di Arcore intellettuali come Lucio Colletti e Marcello Pera. Ma in realtà l'epoca della ' rivoluzione liberale', del resto proclamata solo a parole, è durata pochissimo, presto soppiantata dalla ' nuova Dc', dalla diga contro il comunismo, dal partito securitario di destra.
Stavolta le cose stanno diversamente. Per quanto sopravvissuta al sovrano, la nuova Forza Italia non può essere tutto e il suo contrario come nell'epoca del suo trionfo. Anche da questo punto di vista deve diventare un partito e la Fi che hanno in mente Tajani, dimostratosi leader molto meno approssimativo e più dotato di quanto si sospettasse, e il Berlusconi di oggi, Piersilvio, è un partito liberale moderno tanto aperto sul terreno dei diritti da poter sfidare la sinistra, temperandone però le richieste come sullo Ius Scholae, con il passaggio da 5 a 10 anni del corso di studi necessario per ottenere la cittadinanza.
La campagna sulla cittadinanza e quella anche più acuminata sulle carceri servono soprattutto a marcare e diffondere questa identità che è sostanzialmente nuova anche se giura di rifarsi al padre fondatore. Tajani non ha intenzione di rompere con l'alleanza di destra. Spingersi troppo avanti lo renderebbe quasi inevitabile. Salvini ha già la sua quantità industriale di guai, ai quali si è aggiunta ora la competizione con Vannacci, che mira a sfilargli i voti più di destra, di fatto parafascisti.
Meloni, in passato, aveva assunto posizioni favorevoli allo Ius Scholae ma oggi senza dubbio metterà la difesa dell'unità della destra al primo posto e farà il possibile, forse anche l'impossibile, per evitare che nodi di questa portata emergano in Parlamento, almeno nell'arco di questa legislatura. Ma emerge qui l'antica e inossidabile abitudine della politica italiana a fare i conti senza gli elettori. Tajani punta essenzialmente su di loro.
Se la sua linea verrà premiata nelle urne, se riuscirà a dimostrare, conquistando quelle aree di Italia viva per nulla favorevoli all'abbraccio con Elly, che ' il centro già esiste' ed è il suo partito azzurro, disporrà delle armi necessarie per portare avanti la sua offensiva e anche per forzare la mano all'alleata costringendola ad accelerare i tempi di una scelta che prima o poi dovrà affrontare comunque, quella tra diventare una destra alla Orbàn o un partito liberale moderno.
A far pendere la bilancia da una parte o dall'altro, definendo così cosa sarà la destra italiana nel prossimo decennio, saranno gli elettori e i tempi, se non brevi, non potranno neppure essere lunghissimi: di qui alla fine della legislatura.