«Vengono costruite ad arte insidie del tutto inconsistenti per poi poter dire che la magistratura va riformata e dare così sostegno a riforme improvvide come quelle in cantiere». Il presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia, nell'intervista concessa a Repubblica per rintuzzare la tesi della maggioranza secondo cui vi sia una trama occulta delle toghe per indagare la sorella maggiore della premier e azzoppare così il governo, con un volo semi-pindarico ha finito per svelare ancora una volta cosa preme maggiormente ai magistrati in questa fase.

Rifiutando sdegnosamente la teoria del complotto delle toghe, infatti, Santalucia ha montato quella del complotto contro le toghe, il cui fine primario del governo e dei media fiancheggiatori sarebbe quello portare a casa la contestata riforma dell'ordinamento giudiziario, licenziata dal Consiglio dei ministri prima delle elezioni europee, contente la separazione delle carriere e attualmente in esame alla commissione Affari costituzionali di Montecitorio, dove prima di entrare nel merito del provvedimento dovrà essere svolto un ciclo di audizioni.

Il polverone sollevato dalle presunte indiscrezioni circa l'inchiesta a carico di Arianna Meloni per traffico d'influenze, dunque, stando alle tesi del numero uno dell'Anm, servirebbe non tanto per stoppare eventuali azioni della magistratura politicizzata, quanto per facilitare il percorso del ddl Nordio. Nello scontro ormai trentennale tra poteri che accompagna vita politica italiana vi sono fasi acute come la presente, e Santalucia continua a lavorare per sbarrare il passo alla riforma più invisa. Tanto che, alla domanda se la polemica di questi giorni fosse il pretesto per fare la riforma più in fretta, ha risposto “è assolutamente probabile”.

Dalla masseria pugliese dove la presidente del Consiglio sta trascorrendo le proprie vacanze, però, sembra trapelare, almeno su questo punto, assoluta fermezza e determinazione nel non mettere in discussione la road-map prevista per il ddl costituzionale che reca la firma del Guardasigilli. Che il contrattacco delle toghe andasse a colpire proprio quel provvedimento era apparso dalle parti di Palazzo Chigi fin troppo prevedibile, ma da questo punto di vista le dichiarazioni rese dal capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti, una settimana fa costituiscono, nel ragionamento dell'inner circle meloniano, la prova inconfutabile che il percorso della riforma dell'ordinamento giudiziario non sarà legata o condizionata in alcun modo alle oscillazioni del dibattito politico sul tema.

Lo scorso 14 agosto Foti, in un'intervista, ha detto chiaramente che in aula arriverà prima la separazione delle carriere, benché in commissione, per non scontentare nessuno, si sia deciso di procedere una settimana con l'esame del premierato e una col ddl Nordio. Una scelta dettata, secondo le ricostruzioni più accreditate, da una parte dall'esigenza di spostare in avanti nel tempo l'approvazione definitiva del premierato, in modo da celebrare il probabilissimo referendum sul finire della legislatura, evitando così scossoni all'esecutivo, dall'altra dalla necessità di dare soddisfazione a Forza Italia, maggiore sostenitrice della riforma, dopo l'approvazione dell'Autonomia, bandiera della Lega.

Tra l'altro, confermare l'accelerazione sulla separazione delle carriere viene visto da Palazzo Chigi anche come un atto utile a calmare il pressing degli azzurri su altri fronti, a partire dallo ius scholae, spina nel fianco sia di FdI che della Lega. Qualcosa in più si potrà capire, da questo punto di vista, alla ripresa dei lavori parlamentari e più precisamente il quattro settembre, data in cui è stata fissata la riunione dell'ufficio di presidenza della Affari costituzionali di Montecitorio, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che metterà a punto il nuovo calendario.

Interpellati sulla questione, sia il presidente di commissione Nazario Pagano che Pierantonio Zanettin (entrambi di Forza Italia) hanno affermato che l'esame del ddl Nordio procederà velocemente, secondo i tempi stabiliti, a prescindere dai “dibattiti agostani”. La questione, però, è abbastanza semplice: se la separazione delle carriere riuscirà ad approdare in aula entro il mese di novembre, prima cioè dell'inizio della sessione di bilancio, vorrà dire che il governo fa sul serio, se invece tutto slittasse a dopo la pausa natalizia, arrivare al 2025 senza aver completato una sola delle quattro letture necessarie, costituirebbe un serio indizio circa la mancanza di convinzione politica.

Gli eventi degli ultimi giorni, in ogni caso, sembra abbiano rafforzato la determinazione della premier a non farsi condizionare e a tirare dritto sulla riforma. Tornando alle parole di Santalucia, la reazione più dura nel centrodestra l'ha provocata la parte in cui il rappresentante delle toghe ha chiesto al Csm (oggetto della riforma Nordio) di prender parte alla polemica incorso: “Il Csm”, ha detto Santalucia, “per Costituzione è chiamato a tutelare l'autonomia e indipendenza, e quindi anche l'immagine della magistratura”. Gli ha replicato, tra gli altri, il capogruppo di Fi al Senato Maurizio Gasparri, per il quale “ci vuole grande sfrontatezza per invocare la protezione del Csm” per un “uso politico della giustizia, che nel passato ha visto in Silvio Berlusconi il suo principale obiettivo e che oggi potrebbe essere rinnovato nei confronti dell'attuale governo”.