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La svolta di Salvini, passato dalla richiesta di elezioni senza alternative a quella di governo di unità nazionale ufficialmente per 8 mesi ma in realtà per oltre un anno, deriva in egual misura da tre elementi distinti. C'è di sicuro una quota di disperazione, come ce ne sono una di calcolo politico e una di puro azzardo. La disperazione è facilmente spiegabile. Salvini ha capito che sloggiare questo governo e questa maggioranza è molto meno facile del previsto, proprio perché la paura di una sua vittoria è più forte dei pur robusti elementi di disgregazione che albergano nella maggioranza. Dopo aver fallito la spallata in Emilia, il leader leghista ha dovuto rassegnarsi ad ammettere che le elezioni politiche non sono dietro l'angolo.
Certo, è improbabile che un neo- centrosinistra sgangherato come quello al governo riesca a sfruttare una pur lunghissima pausa per sovvertire i pronostici e vincere le prossime elezioni. Ma se non per la destra il lungo rinvio potrebbe essere esiziale per Salvini. Giorgia Meloni lo insegue erodendo progressivamente consensi alla Lega. Lo spettro dell'ineleggibilità se condannato nei processi che quasi certamente lo aspettano graverà sempre più incombente. La legge elettorale più vantaggiosa per lui è già quasi sepolta. Mancare l'elezione del prossimo capo dello Stato sarebbe un'' ulteriore mazzata. Ma soprattutto Salvini sa di essere lui, non la Lega o la destra, il bersaglio grosso a cui mira Bruxelles. Senza il tribuno anti euro e in odor di putinismo, la Lega di Giorgetti e Zaia verrebbe sdoganata in poche ore.
La proposta, in secondo luogo, è forse la prima mossa politica tentata da Salvini, uomo da comizio e propaganda più che di strategia e tattica. Alla fine, pressato dall'instancabile Giorgetti, persino lui ha dovuto capire che andare avanti, non per settimane ma per mesi e forse anni, ripetendo la richiesta di elezioni e prendendosela con i barconi finirebbe solo per renderlo una figura ridicola, il pugile suonato delle barzellette.
E' vero che a prima vista la ' mossa politica' di Salvini appare come un colpo a vuoto, votato a sicurissimo fallimento. La proposta è stata bocciata subito da Giorgia Meloni e da 3 partiti della maggioranza su 4. E' difficile pensare che Salvini non prevedesse queste risposte, scontate in partenza. Scommette però, come Renzi, sulla crisi per certi versi innescata e per altri moltiplicata dal virus. Il principale fronte esposto è quello dell'economia. La situazione era già molto difficile prima che piovesse sul bagnato. Ora, con un settore chiave come quello del turismo ( più o meno il 15% del Pil) in ginocchio e una tempesta europea già in corso, evitare una fase di recessione sarà quasi impossibile. La tenuta economica è almeno in parte dipendente dall'immagine di credibilità, efficienza e solidità del governo sul fronte del virus propriamente detto. E' una partita aperta. Sin qui la gestione mediatica della crisi è stata disastrosa e ha contribuito a creare quella situazione di isolamento dell'Italia che ricade poi con massima pesantezza sull'economia. Ma la vicenda è tutt'altro che chiusa, durerà anzi ancora a lungo, e come ne uscirà il governo è una delle principali incognite dalle quali dipendono le chances del ' governissimo' proposto da Salvini, con ambizioni di durata maggiori, da Renzi. Un governo uscito dignitosamente dall'emergenza e in grado di governare una crisi seria ma non devastante o troppo minacciosa non faticherebbe a derubricare quasi a boutade la proposta del leader leghista. Ma un governo che dovesse inciampare di nuovo nel corso della crisi, perdendo così ulteriormente credibilità, e che in queste condizioni si trovasse di fronte a una vera tempesta economica promuoverebbe invece la via indicata dal legista a possibilità più che realistica.
Anche perché per il momento e ancora per un bel po' l'emergenza Coronavirus mette la maggioranza al riparo dalla tempesta minacciata alla vigilia della crisi da Renzi, l'uscita di Iv dalla maggioranza. Ma quel nodo prima o poi arriverà al pettine, reso ancora più intricato dal peggioramento del quadro economico e delle prospettive. La maggioranza reggerebbe probabilmente anche alla defezione dei senatori di Renzi. Ma tanto indebolita da rendere quasi impossibile fronteggiare una crisi economica seria o peggio che seria.