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La Lega va subito all’incasso, i grillini si accontentano dei pagherò. Questa è la sensazione all’interno dell’esecutivo, dopo i concitati giorni che hanno portato al via libera alla norma sulla prescrizione, inserita nel pacchetto del ddl Anticorruzione. Le opposizioni hanno gridato al colpo di mano e si sono inutilmente appellati al regolamento della Camera, ma l’accordo politico si è chiuso: sì alla norma sulla prescrizione - superando qualsiasi irritualità nella collocazione di un ddl non ad hoc - ma la sua entrata in vigore ha due condizoni, una certa e una incerta. La prima, il fatto che la sua entrata in vigore è posticipata al 2020. La seconda, invece, è la previa revisione complessiva del procedimento penale. Tutto il governo applaude, ognuno con la sua interpretazione. I grillini dietro al Guardasigilli, Alfonso Bonafede, che esulta per la «rivoluzione» compiuta e specifica che «la riforma non è debole», perchè «nell’accordo politico c’è che dobbiamo fare anche la riforma del processo penale e deve avvenire entro dicembre 2019. Ma nella legge anticorruzione che entrerà in vigore a gennaio non c’è alcun collegamento con altre leggi». I leghisti sono rimasti più silenti, ma soddisfatti di aver scongiurato, almeno fino al 2020, l’entrata in vigore di una norma sulla quale non erano d’accordo, legandola inoltre ad un più complessivo pacchetto di riforme, sulle quali pendono ancora molti “ma” alle istanze dell’alleato pentastellato. «L’accordo politico sulla prescrizione non è molto chiaro, ma importante è che sia subordinato a una riforma di sistema», ha commentato il presidente del Cnf, Andrea Mascherin, in un’intervista a La Stampa, in cui ha sottolineato come la questione giuridica sia di tale complessità da non poter essere liquidata con un solo, scarno, emendamento e che «va gatantita la ragionevole durata del processo, non il contrario». E lo zampino nel limitare la portata della norma (che lei stessa aveva definito una «bomba atomica») e nell’incassare la legge delega al governo per la riforma del processo penale lo ha messo la ministra per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno. La penalista, stretta consigliera in materia di giustizia del vicepremier Matteo Salvini, è stata parte attiva nel «disinnescare» la carica esplosiva dello strappo in avanti grillino, che aveva apertamente contestato perchè «avrebbe portato all’impunità». Lei stessa, invece, ha confermato il via libera all’emendamento perchè subordinato a una «clausola di collegamento tra questa norma che blocca la prescrizione dopo il primo grado e la legge che ridurrà i tempi dei processi». Questo sistema, dice chiaro la ministra in un’intervista al Corriere della Sera, «disinnesca quell’effetto bomba atomica che mi preoccupava molto, perchè oggi i processi hanno una durata infinita». Tradotto: la clausola di collegamento esiste eccome, e la norma sulla prescrizone ha passato il vaglio leghista solo perchè subordinata ad un pacchetto più ampio. Da avvocata, ribadisce che «il dramma italiano è quello della durata eccessiva dei processi. E questo punto sta molto a cuore sia ai magistrati sia agli avvocati» e, quanto al come ridurli, elenca «la riduzione dei tempi delle indagini, che troppo spesso sono sottoposti a proroghe infinite» - stoccata che ha fatto fare i salti sulla sedia a molti magistrati. Quanto ai tempi della riforma più complessiva, la ministra della Pa prestata alla giustizia sottolinea che «sarebbe utopistico pensare di realizzare in pochi mesi una riforma seria» ma anticipa i prossimi passi del collega Bonafede: «interventi chirurgici sul processo penale», ma «Spiegherà tutto lui nelle prossime settimane».Sulla stessa linea di Bongiorno si è collocato anche il vicepremier Salvini, che ha materialmente siglato l’accordo con gli alleati, confermando che «La prescrizione entrerà in vigore entro gennaio 2020, se a quella data sarà in vigore la riforma dell’intero processo penale per ridurre itempi, perché, come hanno detto tutti, se io facessi entrare in vigore oggi la prescrizione sarebbe un disastro: i tribunali salterebbero e i processi arriverebbero a durare 20 anni». Un “se”, dunque, che pesa come un macigno e risuona nelle orecchie dei grillini, i quali per primi hanno subdorato di aver - forse - commesso un passo falso. I vertici ripetono che non c’è stato nessun cedimento a Salvini, ma sui social e nelle chat private serpeggia la sensazione di aver portato a casa un risultato incerto. Intanto, Bonafede ha fatto sapere che, già nelle prossime settimane, fisserà incontri con esponenti della magistratura e dell’avvocatura per parlare della legge delega di riforma del processo penale, spiegando che questa sarà «approvata insieme al ddl Spazzacorrotti ma avrà effetti un anno dopo». Obiettivo: far sì che vi siano «processi con le spalle un pò più larghe» e permettere «tempi brevi e certi dei processi, da approvare entro dicembre 2019». Un anno di tempo appena, dunque: previsione che suona utopistica anche ai più entusiastici sostenitori del governo, ma procedere a tappe serrate è quanto mai necessario ai 5 Stelle, per evitare che la Lega - tra 14 mesi - rimetta in discussione la prescrizione in mancanza di una riforma organica.