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«La pax zingarettiana ancora regge, nonostante gli attacchi della stampa», sintetizza compiaciuto uno dei membri della massima assise dem.
Dopo sei ore di riunione, la direzione nazionale del Partito Democratico ha concluso l’autoanalisi collettiva senza un voto, nemmeno sulla relazione del segretario.
L’unico argomento su cui si è andati alla conta, le regole per la conferenza della donne: tutti favorevoli, astenuto solo Ivan Scalfarotto.
La relazione di Nicola Zingaretti ha toccato i temi salienti del dibattito di questi giorni e ha ribadito un punto: «È possibile sconfiggere Salvini se abbiamo chiaro il nostro compito. Il pilastro della nostra azione deve essere quello di mettere in campo un’altra agenda per il Paese».
Dopo i malumori della vigilia sulla nomina dei membri della segreteria tutti appartenenti alla maggioranza, obiettivo dichiarato dal segretario è di «proporre alla direzione una relazione con l’obiettivo di ricostruire tra noi un clima di fiducia» e, circa le ragioni di una composizione non allargata, ha spiegato che «Non c’è stata alcuna volontà di esclusione. Sarebbe stato in contraddizione con la volontà di inclusione. Abbiamo valutato collegialmente che non esistevano le condizioni politiche per un pieno coinvolgimento delle minoranze congressuali.
Bisognava scegliere ed ho scelto. E’ una squadra aperta, al servizio di tutti». Infine, quasi a strizzare l’occhio alla minoranza renziana, Zingaretti è tornato su un tema caro a quell’area come la vocazione maggioritaria: «Rafforziamo l’idea di una grande forza popolare a vocazione maggioritaria e, alle amministrative, perno di alleanze che ci permettono di competere e vincere».
Nonostante la conclusione soft, però, alcuni nodi non sono venuti al pettine. Primo tra tutti, quello su un nome ingombrante come quello di Luca Lotti. A prendere di petto la questione, la fedelissima dell’ex segretario Renzi, Alessia Morani: «Non mi è chiaro quale sia la linea politica sulla vicenda di Luca Lotti e vorrei capire qual è la posizione del segretario.
Vorrei sapere, che linea tiene questo partito sugli indagati, visto che dobbiamo far sospendere un non indagato.
E poi: qual è la nostra posizione sulle intercettazioni illegali e sulla loro divulgazione?». Parole che riportano al centro la vera questione sotterranea: la spaccatura culturale sulla giustizia all’interno del partito. Per quanto ora sembri ancora tenuta a bada, proprio questa minaccia di essere la mina sotto lo scranno di Zingaretti.