Si cerca di pettinare il mare. Di mettere in riga un Senato mai così incandescente come sulla riforma del processo (revisione costituzionale a parte, ovvio). Ma in realtà sul disegno di legge che dovrebbe ridefinire l'intera materia penale si naviga a vista. Il ministro Andrea Orlando sa che non ci sono alternative.Dopo una specie di sciopero bianco proclamato ieri in Aula da Area popolare, il Pd si impegna a «riportare il testo alla versione uscita dalla commissione Giustizia». E così è. Via dunque gli emendamenti presentati da Beppe Lumia, che in commissione è il capogruppo dei democratici. E scompare la firma del senatore palermitano dalla modifica sui reati ambientali, messa a punto da Felice Casson. Con quel piccolo granello di sabbia sarebbe saltato l'intero ingranaggio dell'intesa Pd-centristi. Ci vuole l'intervento personale del guardasigilli Orlando per mettere fine alle agitazioni di Palazzo Madama. Il ministro rassicura gli alfaniani, riuniti in conclave in attesa di chiarimenti. Ma non è affatto detto che sulla querelle sia stata scritta l'ultima parola.Certo gli esponenti dell'Ncd si dicono «soddisfatti per il ripristino di un articolato che, in particolare sulla prescrizione, è frutto di un confronto lungo e difficile». Di certo Ncd non avrebbe mai votato l'emendamento che modifica il regime della prescrizione per i reati connessi all'inquinamento ambientale: con la proposta Casson, controfirmata da Lumia, in casi come il processo Eternit il timer sarebbe partito non dal compimento del reato ma dal momento in cui il pm ne ha notizia. Uno stravolgimento pesante, che però al Pd non dispiaceva. Era stato Renzi a promettere ai familiari delle vittime di Casale Monferrato una norma simile. Ma non se ne farà nulla. L'emendamento formalmente resta, è vero, ma non c'è più il "timbro uffficiale" dei vertici dem. E questo basta ai senatori di Area popolare per far ripartire la discussione generale sul ddl, dopo aver fatto mancare per 7 volte il numero legale.Tutto a posto? Macché. Casson non fa passi indietro. «Nessuno ha chiesto il ritiro dell'emendamento direttamente al sottoscritto: io lascio la mia firma in calce a quella proposta e all'altra che interrompe per tutti i processi la prescrizione alla condanna in primo grado. Se mi domandassero di cancellarla, darei la risposta dovuta». E ancora: «Io non voterò la prescrizione così com'è uscita dalla commissione Giustizia», ribadisce al Dubbio. «Ma tanto con me ci saranno solo i cinquestelle e la minoranza pd». Hai detto niente. L'incognita resta. E non si sa neppure se oggi, chiusa la discussione generale, si passerà a votare l'ampio ddl in ogni sua parte. Incombe uno sciopero degli aerei che ha fatto già battere in ritirata i deputati. Renziani e centristi cercheranno di approfittare del long week end per mettere in sicurezza le parti a rischio della riforma penale. Se ne dovrebbe riparlare martedì. Ma una quindicina di voti segreti è già dovuta per regolamento: saranno inevitabili per le parti del ddl che stabiliscono innalzamenti di pena su furti e rapine. Sul resto decide il presidente Grasso, a condizione che almeno 20 senatori chiedano di votare a scrutinio segreto. Lì può capitare di tutto.Orlando ha incassato il riconoscimento di Papa Francesco, che ad Assisi ha detto di seguire il suo lavoro. Il ministro ha dichiarato a sua volta che va costruito un ponte tra carcere e società, in orgogliosa difesa della riforma penitenziaria contenuta nel disegno di legge. Eppure il guardasigilli si riserva il ricorso alla fiducia. Su singole parti come la prescrizione, possibilmente. Perché blindare l'intero testo amplificherebbe le grida grilline, già levate ieri da Mario Giarrusso, sulla «riforma che fa regali a mafiosi e corrotti». Si naviga a vista, appunto, e si spera di scansare gli iceberg.