PHOTO
Matteo Salvini, leader della Lega
A Palazzo Chigi, di norma, la pausa estiva viene vista come un momento di break prima delle fatiche (con relative turbolenze politiche) legate all'impostazione delle Legge di Bilancio e al suo tormentato percorso di approvazione. La formula ben rodata che da più di un cinquantennio accompagna questa scadenza, che prevede manifestazioni sindacali, proteste studentesche, scioperi e occupazioni è l'ormai proverbiale “Autunno caldo”. In cima alle preoccupazioni autunnali della premier, però, non c'è Maurizio Landini o i leader del Fronte popolare nostrano Schlein e Conte, che faranno il loro mestiere di leader dell'opposizione sociale e politica al governo, bensì il suo principale alleato Matteo Salvini.
Giorgia Meloni ha constatato, negli ultimi giorni, che l'approvazione dell'Autonomia differenziata non ha sopito l'ansia di visibilità del leader del Carroccio, e questo elemento l'ha irritata non poco, visto che il sostegno promesso e mantenuto al ddl Calderoli è stata probabilmente la concessione più onerosa in termini di consenso e di vantaggio elettorale all'opposizione che Fratelli d'Italia ha finora fatto. Nel giro di un mese, Salvini ha trovato il modo di picconare il centrodestra praticamente su ogni dossier della maggioranza che ha transitato per il Parlamento e non solo. Ha iniziato facendo il guastatore sul ddl sicurezza, presentato a suo tempo dalla premier come una risposta organica alle emergenze che attualmente destano più allarme sociale, come ad esempio le occupazioni di case o i blocchi stradali.
La Lega, in commissione a Montecitorio, ha giocato al rialzo presentando un pacchetto di emendamenti che prevedevano l'introduzione della castrazione chimica per gli stupratori e del carcere per chi riproduce l'immagine parziale o integrale «anche in forma stilizzata» della cannabis su insegne o manifesti pubblicitari, che hanno messo in difficoltà la maggioranza portandola alla scelta iniziale di stralciarli. Poi, nell'altro ramo del Parlamento, è stata la volta della maternità surrogata, dove prima dell'approvazione del ddl sul reato universale i senatori del Carroccio avevano riprodotto lo stesso schema, forzando la mano con la presentazione di un emendamento che prevedeva la reclusione fino a dieci anni per chi ricorre a tale pratica e anche per i pubblici ufficiali che registrino i bambini nati in quel modo.
Di fronte a un'iniziativa che avrebbe verosimilmente rallentato l'approvazione del provvedimento per fini propagandistici, il governo non ha potuto che esprimere parere negativo e l'emendamento è stato quindi respinto con tanto di spaccatura nella maggioranza, come accaduto a marzo per il terzo mandato. Gioco al rialzo leghista anche per la questione balneari, che tocca un nodo scoperto per la presidente del Consiglio, costretta a mediare tra la storica vicinanza del suo partito alla categoria e le responsabilità connesse all'appartenenza all'Ue, che ha parlato chiaro e intimato al nostro paese di mettere a bando le concessioni. Qui il partito di Salvini aveva proposto dei sostanziosi indennizzi per i concessionari uscenti, associato un diritto di prelazione. La proposta è stata respinta, non prima di aver irritato il Quirinale, che più di una volta ha chiesto di risolvere la questione definitivamente, dopo la sentenza del Consiglio di Stato.
Ciliegina sulla torta degli ultimi giorni, la polpettina avvelenata presentata da Salvini e i suoi ad Antonio Tajani, sotto forma di emendamento che mira ad abolire il canone Rai e a compensare i minori introiti per il servizio pubblico con l'innalzamento del tetto per la raccolta pubblicitaria. Il che – non ci vuole un genio a capirlo – costituirebbe un problema serio per Mediaset, interlocutore privilegiato degli inserzionisti privati. E fin qui si è parlato degli atti parlamentari, per tacere delle prese di posizione politiche, prima fra tutte l'ennesima polemica col presidente della Repubblica sulla “dittatura delle minoranze” (dopo l'attacco del deputato Borghi del 2 giugno) che ha fatto sobbalzare sulla sedia Meloni, tanto da chiedere e ottenere una rettifica al vicepremier. Il terreno privilegiato della “guerriglia” salviniana, nel momento in cui la premier si sta affannando per strappare un commissario di peso per l'Italia a Bruxelles, è quello europeo, partendo dalla consapevolezza che Meloni ha per certi versi le mani legate e pertanto la Lega può contare su maggiore agibilità politica.
Ieri Salvini ha manifestato il proprio giubilo ai quattro venti per la scelta del leader spagnolo di Vox Santiago Abascal di lasciare Ecr per approdare ai “Patrioti” di Orban, e tutto sommato al segretario del Carroccio non è dispiaciuto nemmeno il deflagrare dell'inchiesta di Fanpage sui nostalgici fascisti all'interno di FdI, che ha costretto con una lettera aperta la premier ad accelerare il processo di ancoraggio all'elettorato moderato del suo partito. Per chi ha orchestrato l'”operazione Vanancci”, con tanto di richiami alla Decima Mas, il distacco dall'estrema destra di FdI potrebbe offrire l'occasione di un parziale recupero elettorale, ma affinché ciò avvenga c'è bisogno di un altro po’ di” Vietnam”. Le occasioni, da ottobre in poi, non mancheranno.