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«Non so cosa si aspettasse Moscovici, e d’altra parte quando ho assunto la responsabilità di governo non ho mai pensato dovessi fare una manovra in base a quel che si aspettava un commissario alle istituzioni europee». All’indomani del varo della nota di aggiornamento del Def che fa schizzare lo spread fino a quota 280 e crollare Piazza Affari, Giuseppe Conte risponde anche alle preoccupazioni di Pierre Moscovici, il commissario Ue agli Affari economici che in un’intervista a Bfm Tv e Rmc Info aveva appena messo in discussione la manovra italiana. Il presidente del consiglio è convinto che «i nostri interlocutori, perché noi abbiamo interlocutori anche finanziari in ragione del debito pubblico che abbiamo», si rassicureranno quando «conosceranno nei dettagli la manovra» e lo «spread sarà assolutamente coerente con i fondamentali della nostra economia». Uno scenario completamente diverso da quello disegnato da Moscovici in mattinata. «Non abbiamo alcun interesse ad aprire una crisi tra l’Italia e la Commissione, ma non abbiamo neanche interesse a che l’Italia non riduca il suo debito pubblico, che rimane esplosivo», è l’avvertimento del commissario che in patria infastidisce soprattutto la Lega. Il ragionamento del responsabile Affari economici sembra lineare: «Se gli italiani continuano a indebitarsi succede che a un certo momento il tasso di interesse aumenta, il servizio del debito diventa più esigente, e quindi ogni euro viene destinato al rimborso del debito» sarà un euro in meno «per le autostrade, un euro in meno per l’istruzione, un euro in meno per la giustizia sociale. Quando si è indebitati si è incatenati e non si può agire. Non c’è più margine per i servizi pubblici». Ma il monito di Moscovici non si esaurisce qui, il commissario anche in guardia il governo rispetto a possibili sanzioni. «Sono teoricamente possibili, è previsto dai trattati», dice «ma io non sono nello spirito da sanzioni, non lo sono mai stato».
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non gradisce affatto l’ingerenza della Commissione e replica a brutto muso: se Bruxelles boccia la manovra «noi tiriamo avanti», dice. «Sono felice perché abbiamo ridato diritto al lavoro, pensione e speranza a milioni di italiani. Noi vogliamo dare lavoro ai giovani», spiega il leader del Carroccio. «Se superando la legge Fornero manderemo a casa migliaia di lavoratori, rendiamo un servizio a queste persone che se lo meritano e soprattutto apriamo enormi spazi di futuro e lavoro ai giovani. Lo spiegheremo anche ai commissari». Molto più cauto del socio di governo si mostra invece Luigi Di Maio, forse ormai consapevole che in questi casi è sempre meglio usare parole concilianti per non spaventare ulteriormente i mercati. «Considero l’intervento di Moscovici interlocutorio. Le preoccupazioni sono legittime ma il governo si è impegnato a tenere il 2,4 per cento per tre anni e vi posso assicurare che ripagheremo il debito e il debito scenderà», rassicura tutti il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, ostentando serenità sull’aumento dello spread. «Nei prossimi giorni vogliamo incontrare tutti i soggetti pubblici e privati che rappresentano la realtà del mercato e ribadire che nel 2,4 per cento» ci sono anche «15 miliardi di euro di investimenti, è il più grande piano di investimenti mai fatto in Italia», garantisce il capo politico del Movimento 5 Stelle. «Il debito scenderà perchè aggiunge gli investimenti che andremo a fare quest’anno creeranno una crescita economica inaspettata. Ora andremo semplicemente a spiegare le nostre ragioni» in Europa. Anche perché tutti i “calcoli” sono stati certificati da Giovanni Tria, il ministro dell’Economia che, secondo entrambi gli alleati, non sarebbe mai «stato in discussione».
Diversa è invece l’analisi del Def che ne fanno le opposizioni. Il segretario del Pd, Maurizio Martina, chiama in causa proprio il Tesoro: «Io non capisco come un ministro che ha detto cose precise, oggi possa incassare quello che è stato annunciato senza dire nulla», dice a Circo Massimo. «In questi anni abbiamo fatto un lavoro di ricostruzione dell’Italia dopo la più grande crisi dal dopoguerra, per mettere in sicurezza i conti del paese. Il voto del 4 marzo non consente a chi governa oggi di poter fare tutto. Stiamo parlando di 100 miliardi di deficit in tre anni sulle spalle dei giovani. Zero investimenti, condono fiscale». Quanto siano consistenti i malumori della sinistra lo si potrà già vedere domenica, quando i dem sfileranno a Roma contro il governo.