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I renziani pensano di aver spiazzato Mdp. Ma verso sera è D’Alema a sbarrare la strada a Fassino dicendogli, a quanto riferiscono dentro Mdp: «Caro Piero, ti invito a contattare Speranza, è lui il coordinatore, per quanto mi riguarda la linea di Mdp è già decisa». Porta chiusa alla mission impossible dell’ambasciatore di Renzi anche da Bersani. Al massimo ora la «guerra ( di pace ndr) di Piero» potrebbe consistere nel dividere il Campo progressista di Pisapia, tentando di portarlo ad allearsi con il Pd.
Quanto ai bersaniani Davide Zoggia sbotta: «Questa missione appena nata è già finita. Come ha detto Pier Luigi vogliamo fatti e non chiacchiere». Ma per Fassino un riconoscimento personale: «Piero da vero uomo di partito però ci proverà fino alla fine». Gli scissionisti avevano subito contrattaccato alla mossa di Renzi con il gelo e deciso di mandare alle trattative l’ex segretario della Cgil e ex del Pd Guglielmo Epifani. In mezzo ai duellanti c’è la “guerra di Piero”. Ovvero l’ultimo segretario dei Ds, la cui “guerra” è con il suo obiettivo di non lasciare nulla per intentato. Perché chi conosce bene l’ex sindaco di Torino sa che l’uomo si dannerà l’anima. Non è solo per la sua autorevole storia di erede della tradizione rossa, della cosiddetta “ditta”, e anche il profilo istituzionale per il quale entrò nella rosa dei papabili per il Quirinale, che Matteo Renzi ha deciso di mandare lui a trattare con i compagni separati, fino a dire: «Noi abbiamo messo una garanzia, se non ci riesce lui…». Ma Renzi lo ha fatto anche per la tenacia di cui solo Fassino sa essere capace. Non è vero che sia magro, alto come un grissino, perché non mangia. Sembra che “Piero” mangi tantissimo invece, solo che lavora a oltranza, sfiancando se stesso e gli altri. Va avanti come un treno incurante di chi gli dice che tanto la sua missione è già fallita in partenza, visto che Renzi, già mette nel conto quel «se non ci riesce lui…». Gioco del cerino del segretario del Pd per poter poi additare D’Alema e Bersani come i veri responsabili della rottura? Una cosa è certa, ora dirsi un’altra volta addio con Fassino in campo anche per gli scissionisti diventerà più amaro. Non resta che sperare nell’incontro con Romano Prodi forse oggi stesso, dopo che Fassino ieri ha visto i socialisti di Riccardo Nencini e l’Idv, e lo stesso Pietro Grasso, il presidente del Senato, dato ormai come leader in pectore dell’altra sinistra. Secondo indiscrezioni delle agenzie, la seconda carica dello Stato gli avrebbe detto che lui «non rappresenta nessun soggetto politico e quindi non ha titolo per parlare di alleanze e di coalizioni». Una evidente risposta alle polemiche del Pd. Ma Fassino non si è arreso. Ha fatto spallucce di fronte al birichino “Pippo” ( Civati, leader di Possibile) che gli ha risposto solo per wathsapp e poi ha già dato per fallita la mission, nonostante la «grande gentilezza» di Piero. Le minoranze del Pd guardano scettiche la “mission impossible” e qualcuno la mette così: «Il punto è che Renzi si è reso conto di rischiare di perdere metà dei collegi del centro Italia e se quelli gli piazzano un candidato ovunque, il Pd non avrà manco voti sufficienti per fare le larghe intese. Ma può Mdp rischiare di fare da stampella a questa operazione?». Fassino l’ambasciatore, con tanto di Legion d’onore, è stato mandato in campo troppo tardi? «No, per il semplice fatto che la legge elettorale, che prevede le coalizioni, è stata fatta ora», si difendano dall’accusa gli uomini del segretario del Pd. Con la certezza che Fassino il suo ultimo tango a sinistra lo ballerà fino alla fine. Tango non solo metaforico. Fassino dicono che sia anche un bravo ballerino che quando può si scatena nelle danze vere e proprie. Quanto a quelle politiche, racconta a Il Dubbio il leader dei Moderati, unico dententore di questo ambito simbolo anche nel centrodestra, Giacomo Portas, deputato eletto con il Pd, torinese come Piero: «Se non fosse stato per Fassino, noi la seconda forza di centrosinistra in Piemonte ( 5 per cento ndr), a Torino con il 9 per cento, non ci saremmo mai avvicinati al Pd, assicurandogli la vittoria alle regionali con Chiamparino e anche quella dello stesso Fassino a Torino». Già, però stavolta si trattava di aggiungere un altro 5 per cento, come quello raggiunto da Mdp in Sicilia. Senza gli scissionisti si spalanca la porta al centrodestra nelle regioni rosse. Ma questo ormai sembra davvero l’ultimo tango a sinistra.