Una decisione presa da giorni, quella di Giovanni Toti di dimettersi da presidente della Regione Liguria, ottanta giorni dopo l’ordinanza di custodia cautelare che gli ha imposto gli arresti domiciliari nella sua villa di Ameglia.

Una decisione sofferta, arrivata, ha scritto nella lettera con cui ha lasciato l’incarico, dopo aver consentito «al Consiglio Regionale di approvare l’Assestamento di bilancio e il Rendiconto, fondamentali per la gestione dell’Ente». E arrivata dopo che, in seguito alla seconda ordinanza che gli contestava, oltre alla corruzione, anche il finanziamento illecito, il centrosinistra era sceso in piazza a Genova per intimargli un passo indietro, e anche dagli alleati di centrodestra il sostegno si era via via raffreddato (con qualche, significativa, eccezione).

Lo stesso sostegno che invece è tornato a farsi sentire a decisione presa, con tutti i partiti di maggioranza a fare quadrato attorno al presidente dimissionario. «Dopo 80 giorni di privazione della libertà, dopo un pronunciamento del tribunale del Riesame incomprensibile persino al ministro della Giustizia, arrivano le dimissioni di Giovanni Toti dalla presidenza della Regione Liguria - ha commentato il leader di Noi moderati Maurizio Lupi, unico esponente politico di rango nazionale ad aver fatto visita a Toti in questi mesi - Una scelta sofferta che gli permetterà sia di difendersi e dimostrare con maggiore efficacia la propria innocenza, sia di rivendicare con chiarezza il buon governo della Regione ed il grande lavoro fatto in questi anni da tutto il Centrodestra, che i cittadini hanno premiato con un voto a grande maggioranza. Queste dimissioni impongono anche una riflessione a tutto il mondo giudiziario, alle istituzioni, alla politica, sull’uso della carcerazione preventiva non come legittimo strumento per la prosecuzione delle indagini ma come metodo di pressione sull’indagato».

E se per la Lega «in Liguria siamo di fronte all’ennesimo tentativo di sovvertire il voto popolare usando inchieste e arresti» ma «i cittadini sapranno rispondere democraticamente riconfermando il centrodestra che ha rilanciato la Regione da tutti i punti di vista», il ministro della Difesa e pezzo da novanta di FdI Guido Crosetto affida ai social il suo pensiero. «Un cittadino incensurato e tutt’ora innocente si è dovuto dimettere per poter sperare di essere libero e poter ottenere nuovamente i suoi diritti costituzionali - scrive Crosetto - Da questa vicenda esce sconfitta la Giustizia e si palesa una rattristante debolezza della Politica, quella con la P maiuscola, quella che sa difendere i principi e non solo gli amici più prossimi o i cerchi magici».

Con un attacco diretto alla magistratura. «Noto troppa sudditanza, quasi paura, nei confronti di un potere delle Stato che non dovrebbe incutere alcun timore alle persone oneste - aggiunge il ministro - Forse perché sanno che in Italia non basta essere onesti per sentirsi tranquilli. Perché la storia ci ha dimostrato che l’onestà magari emerge dopo 10, 15 o venti anni. Io invece mi ostino a credere che occorra fare battaglie di principio, senza paura. Perché la paura di una ritorsione non è un sentimento che può avere spazio in una democrazia vera e matura».

Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo di Fi in Senato Maurizio Gasparri, che però guarda avanti. «La pressione della magistratura è stata veramente enorme su questa vicenda», commenta l’esponente azzurro aggiungendo tuttavia che «non è il momento di aggiungere considerazioni che, però, faremo nelle sedi competenti» perché «ora è il momento di preparare le elezioni e di vincere con un centrodestra unito che sappia, accanto alle presenze politiche, valorizzare le presenze civiche e del territorio».

E se i centristi sottolineano le contraddizioni insite nella vicenda, con il segretario di Azione Carlo Calenda per il quale «forzare le dimissioni di un Governatore attraverso l’imposizione di misure cautelari a pioggia è indegno di uno Stato di diritto» e il leader di Iv Matteo Renzi che accusa direttamente i partiti di centrodestra. «I giustizialisti sono forti anche a destra - è il ragionamento - Perché è evidente che Toti sia stato abbandonato dai suoi colleghi di coalizione, altrimenti avrebbe continuato per la sua strada».

Un abbandono diventato chiaro dopo la piazza delle opposizioni a Genova, sembrato a tutti il lancio della campagna elettorale e che di conseguenza ha fatto scattare la macchina del voto anche a destra, anche se nella lettera di dimissioni Toti si è detto «certo che la coalizione che fino ad oggi mi ha lealmente sostenuto saprà portare avanti gli ambiziosi progetti che abbiamo cominciato a realizzare per cambiare la nostra terra, senza perdersi in egoismi e particolarismi».

In ogni caso quello delle prossime elezioni, che si terranno in autunno assieme a Emilia-Romagna e Umbria, sarà un confronto che per il segretario di Più Europa Riccardo Magi deve essere «sulla politica e non sulle questioni giudiziarie», mentre da Pd, M5S e Avs si plaude alle dimissioni di Toti.

«Sono passati 80 giorni in cui la Liguria è stata ferma, paralizzata, tenuta ai domiciliari con lui - accusa la segretaria dem, Elly Schlein - È l’occasione per ridare la parola ai cittadini, per le forze alternative alla destra di costruire un progetto che guardi al futuro della Liguria». Un atto, quello delle dimissioni, che per Angelo Bonelli dei Verdi era «politicamente dovuto» a causa del «fallimento delle politiche» di Toti, che secondo Bonelli hanno portato la Liguria «a vedere compromessi diritti e prestazioni essenziali».