La politica, in fondo, è una cosa semplice: ti votano, governi e se lo fai male ti rimandano a casa. La disfatta dei conservatori britannici, dopo 14 anni consecutivi al potere, è figlia di questa logica elementare. Ma per darle sostanza c’era bisogno di semplicità. E chi meglio di Keir Starmer poteva incarnare l’aspirazione dei britannici a una governance “normale”, priva di fronzoli e di eccessi?

C’è da dire che i tories ce l’hanno messa tutta a spianare la strada per Downing street al leader laburista; dalla sciagurata gestione della Brexit da parte dei governi di David Cameron e Theresa May, dagli scandali che hanno travolto Boris Johnson, dal dilettantismo assoluto mostrato da Liz Truss, fino all’ultimo esecutivo dell’insignificante Rishi Sunak. Una sequenza da film horror che ha fatto precipitare il partito di Margaret Thatcher, al minimo storico, il peggior risultato elettorale dal 1906: appena 131 seggi contro i 410 conquistati dai laburisti.

E pensare che nel 2020, quando Starmer prese in mano il Labour, in pochi scommettevano sulla sua ascesa: mancanza di carisma, rigidità nei movimenti, abbigliamento dimesso, abilità oratorie limitate. Una leadership “noiosa”, lontana anni luce dall’eloquenza di un Neil Kinnock o dall’immagine dinamica e moderna di un Tony Blair.

Come ha scritto William Collins, autore di una biografia di Starmer: «L’uomo non ha mai amato il lato performante della politica e non trova per nulla piacevole arringare la folla o trovarsi sotto i riflettori televisivi per partecipare a un talk show». Uno che, in caso di fallimento in politica, «potrebbe tranquillamente lavorare in un negozio di libri».

Oltre che normalità, Keir Starmer trasuda concretezza da tutti i pori. Figlio della working class, sua madre era un’infermiera, suo padre un operaio specializzato, le origini umili lo hanno indubbiamente aiutato nel confronto con i tories guidati dallo sprezzante milionario Sunak. È cresciuto in un modesto cottage a Oxted, un’anonima cittadina del Surrey ai margini della Grande Londra. La vita in famiglia è modesta, a volte è difficile arrivare a fine mese, si stringe la cinghia. Il padre dedica tutte le sue attenzioni alla moglie, che soffre di una malattia rara e molto dolorosa, la sindrome di Still. Secondo dei quattro figli della coppia, Keir, sarà il primo e l'unico a frequentare l'università, facoltà di legge. Prima di entrare nell’arena politica ha svolto con grande merito la professione di avvocato, specializzazione nei diritti umani: per anni ha lavorato nel prestigioso gabinetto di Doughty Street Chambers.

Durante gli anni dell’università aveva naturalmente posizioni più radicali e collaborava a una piccola rivista di area trotzkista, Socialist Alternative, la sua evoluzione è stata lenta e meditata ed è solo nel 2013 che decide di dedicarsi alla causa laburista; inizialmente opponendosi a Jeremy Corbyn, per le sue posizioni ambigue sul conflitto in Medio Oriente, ai limiti dell’antisemitismo. Grazie alla sua abilità nel creare alleanze e alla sua disponibilità nell’ascoltare tutte le anime del partito, con l’uscita di scena di Corbyn nel 2019 si prende in mano il partito. E in soli tre anni lo trasforma dalla testa ai piedi, facendo scivolare ai margini l’ala più oltranzista, cacciando i membri sospettati di derive antisemite (tra cui lo stesso Corbyn) e definendo un programma per governare il Paese.

Durante la campagna elettorale non ha promesso nulla di irrealizzabile e si è posizionato su una linea moderata di contenimento della spesa pubblica e delle prestazioni sociali vincolate alla futura crescita economica. Ed escludendo categoricamente un nuovo referendum per il ritorno del Regno unito nell’Unione europea. «Tutta la linea politica di Keir Starmer è votata al pragmatismo ma è un uomo di sinistra, molto più di Tony Blair e Gordon Brown», spiega sulle colonne del Times, Daniel Finkelstein membro della Camera dei lord e amico personale di Starmer. Tra le proposte che garantisce di realizzare c’è il reclutamento di 6500 nuovi insegnanti, la creazione di una struttura pubblica per investire nelle energie rinnovabili, il rafforzamento del servizio sanitario per diminuire i tempi di attesa per le visite.