Votare due giorni alle amministrative e non più uno solo, sia al primo turno che al ballottaggio. Dunque urne aperte il 5 e il 6 giugno, e il 19 e 20. E’ la proposta annunciata dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano: «La avanzerò al più presto, spero che il governo la accolga». Una mossa che ha lo scopo di contrastare la disaffezione per le urne divenuta ormai malattia endemica nell’elettorato italiano. Che il fenomeno del rigetto della politica abbia messo radici profondissime non è un mistero per nessuno. E che questo tipo di disaffezione abbia fatto schizzare all’insù la percentuale di coloro che disertano le urne, neppure. Ma, tanto per cominciare, è freschissimo il messaggio inviato da Sergio Mattarella al congresso dell’Anpi, apertosi ieri, in cui il capo dello Stato avverte che la democrazia «non è una conquista definitiva, dobbiamo esserne all’altezza per rafforzarla ed allargarne continuamente le basi». Difficile contestare che l’astensionismo elettorale quelle basi invece di ampliarle le restringa. E poi la lettura anche sommaria dei dati della ricerca del Censis illustrata qui sotto mette i brividi: calcolando le sette città capoluogo che vanno al voto, sono più di un milione gli elettori che invece che andare ai seggi restano a casa.Un fenomeno che è trasversale ma che a Roma coglie il suo picco. Nella Capitale, infatti, la percentuale dell’affluenza è passata dal 79,4 per cento del 2001 (elezioni comunali) al 52,8 del 2013: un meno 26,6 per cento che impressiona.Il dato è ancora più urticante se si pensa che il sindaco è l’autorità istituzionale che i cittadini, sia nei comuni piccoli che in quelli grandi o grandissimi, considerano quella a loro più vicina. E in più il sistema elettorale per la scelta dei sindaci, col doppio turno e ballottaggio tra i due candidati meglio piazzati al primo, è unanimemente considerato il migliore. Tanto che Matteo Renzi l’ha esportato a livello nazionale con l’Italicum e annesso premio di lista. Tuttavia se l’andazzo è questo, è facile prevedere che anche per la corsa a palazzo Chigi i numeri dei partecipanti al voto resteranno bassi.Per indagare su un fenomeno che ha una gestazione lunga e ramificata, occorrerebbero studi profondi. Ma intanto si affaccia l’interrogativo più importante: chi si gioverà maggiormente della scarsa affluenza? Quale partito, e condidato sindaco, se ne avvantaggerà?Da sempre i partiti più organizzati vengono premiati se l’affluenza è bassa: dunque dovrebbe essere il Pd a guadagnarne. Ma i recenti scandali e le incursioni dei magistrati hanno fortemente intaccato l’immagine del partito anche tra i suoi elettori più fidelizzati. La medesima considerazione vale per i Cinquestelle: partiti col vento in poppa, i provvedimenti giudiziari - indipendentemente dalla loro rilevanza - che hanno colpito alcuni, noti, sindaci pentastellati minacciano di provocare rigetto anche tra i grillini. Per di più la vicenda del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, sospeso dal Movimento direttamente con un blog di Grillo, minaccia di essere piombo nelle ali di tutti i candidati grillini, a partire dalla Raggi che più di tutti ha chances di vittoria.Dunque? Forse è meglio ritornare alla ricerca Censis per avere qualche lume in più. Specialmente laddove si specifica che tra le caratteristiche principali che gli elettori cercano nei candidati non figurano categorie come l’antipolitica o la verginità politica quanto piuttosto la competenza, serietà e credibilità. Per intenderci solo il 9 per cento ritiene decisivo che chi voglia diventare sindaco non deve essere stato coinvolto in vicende politiche del passato.Di conseguenza a Roma, vale più l’essere stato a capo dello staff politico e gestionale del primo cittadino del passato (Giachetti-Pd), o l’essersi fatto le ossa all’opposizione nell’aula consiliare (Marchini-centrodestra) o infine il porsi come alternativa all’esistente, con forti venature antisistema (Raggi-Grillo)?Si vedrà. La sensazione forte è comunque che le forze politiche preferiscano guadagnare consensi a scapito degli avversari piuttosto che cercare di riguadagnare alle urne gli indecisi. L’astensione è una sorta di mal comune mezzo gaudio. Ridurla sembrava non essere una priorità. Poi è arrivato Alfano.