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GIOVANNI TOTI, POLITICO
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per prima, non si è nascosta, e ha ammesso che tutti test elettorali, anche quelli circoscritti a un singolo territorio, hanno un riflesso nazionale. Lo ha ribadito anche nel corso del comizio finale a Genova assieme a tutti i leader del centrodestra.
Per questo il trittico di elezioni regionali che si apre questo weekend con la Liguria, per proseguire con Umbria ed Emilia-Romagna, non potrà non essere considerato una sorta di valutazione di midterm sull'operato del governo, che cade proprio nella settimana in cui la maggioranza ha festeggiato due anni esatti da quando si è insediato l'attuale esecutivo.
Ma al di là di ciò che vale per tutti gli appuntamenti di questo tipo, la tornata ligure ha un significato speciale, una peculiarità che ne fa, in questa fase, un banco di prova importantissimo dal punto di vista del conflitto ormai trentennale tra la politica e una parte della magistratura.
Le circostanze che hanno portato alle elezioni anticipate sono arcinote, con la “resa” di Giovanni Toti ai magistrati, costretto alle dimissioni sotto la pressione mediatica da una parte, a colpi di pubblicazioni di intercettazioni a indagine in corso, e giudiziaria dall'altra, attraverso lo strumento di una custodia cautelare usato con una certa disinvoltura. Un'estate di polemiche durissime, che hanno rimesso prepotentemente al centro del dibattito vexatae quaestiones come il processo mediatico, la presunzione d'innocenza (o meglio il suo tradimento) lo squilibrio a favore dell'accusa. Ma soprattutto, che hanno proiettato sugli schieramenti politici la drammatica divisione tra garantisti e giustizialisti, tra chi ha lasciato sullo sfondo la cura del diritto, rispetto alla possibilità di fare cassa a livello di consenso.
Nella vicenda ligure, da questo punto di vista, lo spartiacque è stato la manifestazione del Campo largo dello scorso 18 luglio a Genova, quando i leader dei maggiori partiti d'opposizione, in un deja-vu inizio anni Novanta, sono saliti sul palco per reclamare le dimissioni di Toti e le elezioni anticipate. Dall'altra parte, tutte le forze del centrodestra hanno impugnato la bandiera del garantismo, al netto di qualche freddezza dettata però dai rapporti politici pregressi, soprattutto tra Toti e il partito di provenienza, Forza Italia.
Ma nei mesi successivi il quadro è diventato più sfumato, a riprova del fatto che la questione dell'equilibrio tra i poteri e delle garanzie è molto più solida delle oscillazioni e delle convenienze politiche. In Puglia, infatti, i ruoli si sono rovesciati quando sono giunte altre intercettazioni, altre inchieste e altri arresti che hanno messo nell'occhio del ciclone giunte di sinistra come quella del sindaco di Bari Antonio Decaro e del governatore Michele Emiliano.
In quel caso, dal centrodestra i richiami alla presunzione d'innocenza sono apparsi più timidi rispetto alla richiesta di elezioni anticipate, che a differenza della Liguria non ci sono state. Le vicende locali, però, hanno ben presto lasciato il campo alla questione principale dei confini tra poteri, con una serie di eventi che hanno definitivamente rimesso al centro la crisi tra politica e toghe a livello nazionale.
Una crisi che qualcuno, superficialmente, pensava fosse stata archiviata dall'uscita di scena di Silvio Berlusconi, giustificando la lotta tra Cavaliere e magistratura col conflitto d'interessi e le leggi ad personam, ma che evidentemente ha radici che affondano nell'ordinamento e nella transizione incompiuta dal sistema requisitorio a quello accusatorio. E così, alla polemica strisciante sulla separazione delle carriere, che accompagna i rapporti tra toghe organizzate e governi ogniqualvolta questi ultimi manifestano l'intenzione di procedere con la riforma della giustizia, si è aggiunto un crescendo di incidenti che hanno fatto delle regionali liguri un mini-referendum su magistrati e politici.
Tra l'arresto di Toti e le elezioni di domenica e lunedì, c'è stata la richiesta di condanna a sei anni di reclusione per Matteo Salvini a Palermo, al processo Open Arms, con tanto di manifestazione leghista in concomitanza con l'arringa difensiva di Giulia Bongiorno. Poi è arrivata la sentenza del tribunale di Roma, che ha dichiarato illegittimo il trasferimento di alcuni migranti bengalesi ed egiziani nel cpr allestito in Albania sulla base del discusso accordo con Tirana, col seguente decreto del governo sui paesi sicuri e lo scontro sull'interpretazione della sentenza della Corte di Strasburgo.
Al culmine della tensione, un commento caustico sui social della presidente del Consiglio ad una mail privata del sostituto procuratore generale della Cassazione Marco Patarnello critica nei suoi confronti, accompagnata da una serie di dichiarazioni nei giorni seguenti, ha ribadito quale sia la posta in gioco di queste elezioni. «La stragrande maggioranza dei magistrati che vogliono solo poter fare il loro lavoro», ha detto la premier sul palco genovese, «non ne possono più delle correnti politicizzate della magistratura. E quindi andremo avanti anche con le riforme», ha aggiunto, «giustizia, premierato e autonomia»- In una terra in cui si vota anticipatamente a causa di un'inchiesta, il verdetto che daranno gli elettori peserà molto sul piatto della bilancia.