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MATTEO SALVINI MINISTRO INFRASTRUTTURE, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, ANTONIO TAJANI MINISTRO ESTERI
Poco dopo le nove di sera di domenica, quando la portata del risultato delle elezioni in Turingia era ormai apparsa chiara, dall'ormai celebre chat dello staff di Salvini – la stessa dell'affaire della nota congiunta del vertice del centrodestra, anticipata e poi corretta per una riga in più sulla contrarietà all'uso delle armi occidentali da parte di Kiev per attaccare la Russia – parte un'altra breve nota, che stavolta non occorre concordare con nessuno degli alleati. Anzi, agli alleati crea più di qualche imbarazzo politico.
Poche righe in cui «la Lega esprime soddisfazione per i risultati delle elezioni in Germania: la sinistra e i verdi amici del Pd sono stati nuovamente sconfitti». Il leader del Carroccio vorrebbe tanto fare i complimenti ad Afd per l'incredibile affermazione che l'ha portata ad essere il primo partito in quella parte del paese teutonico, ma si ferma un metro prima, per evitare un ulteriore caso sulla politica estera. Ma è ovvio che il sottotesto del rallegramento per i passi indietro elettorali fatti dalla Spd e dai Verdi presenta due considerazioni che investono prima di tutto Forza Italia, partito con cui la Lega sta ingaggiando dall'inizio della legislatura una lotta senza quartiere per posizionarsi alle spalle di FdI nella gerarchia del centrodestra.
La prima, è che la destra (e la sinistra sovranista) in Turingia hanno vinto anche a scapito della Cdu, che non è crollata, forse non ha perso la possibilità di formare una maggioranza ma sta vedendo sempre più erodersi la propria base elettorale. La Cdu, vale a dire il partito della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, e del leader del Ppe Manfred Weber, che proprio qualche giorno fa, al termine dell'incontro con Antonio Tajani, ha chiesto apertis verbis a Giorgia Meloni di isolare Salvini, lasciando intendere che ne ricaverebbe sicuri benefici politici in sede comunitaria.
Anche in questo caso, Salvini si è affidato a comunicare implicitamente la propria soddisfazione per la battuta d'arresto del partito confratello di Forza Italia, senza affondare il colpo, il che avrebbe contraddetto dopo meno di due giorni le conclusioni del vertice del centrodestra che si è tenuto venerdì a Palazzo Chigi, all'insegna della coesione ritrovata e del “nuovo patto di legislatura”. Probabilmente Salvini sarebbe andato anche più in là, se le improvvide dichiarazioni, alla vigilia delle Europee, rese dall'allora spitzenkandidat dell’Afd Maximilian Krah sulle Ss non lo avessero costretto a prendere le distanze assieme a Marine Le Pen da Afd, decretandone anche l'espulsione del gruppo Id, ora rimpiazzato dall'orbaniano “Patrioti per l'Europa”.
Ma se la percentuale sopra il 30 ottenuta dalla destra tedesca dovesse essere replicata o avvicinata nelle prossime tornate regionali, ciò potrebbe innescare irreversibilmente un processo di estromissione degli esponenti più radicali del partito, in vista di un accreditamento come forza di governo a livello federale, un po' sulla scorta di quanto avvenuto per il Front National post-Jean Marie Le Pen e per Fratelli d'Italia. A questo punto, la saldatura a Strasburgo con la triade Salvini-Le Pen-Orban (senza dimenticare gli spagnoli di Vox) sarebbe altamente probabile.
In attesa di questi sviluppi, però, ci sono le contingenze della politica nostrana, con la guerra di trincea sullo ius scholae tra il Carroccio e gli Azzurri, e la tentazione di questi ultimi di mettere il bastone fra le ruote all'Autonomia. Una lotta senza esclusione di colpi. Anche sotto la cintura, come il post di Salvini allusivo sul reo confesso dell'assassino di Sharon Verzeni, Moussa Sangare, «di origini nordafricane e cittadinanza italiana», con un riferimento velato alle proposte di Fi. Senza contare che proprio in Germania, tra i fattori decisivi per l'affermazione di Afd c'è stata le reazione emotiva agli attentati all'arma bianca perpetrati da alcuni immigrati in attesa di rimpatrio.
Un quadro, dunque, che suggerirebbe un ulteriore avvicinamento, secondo gli auspici di Weber, tra i Conservatori di Meloni e il Ppe, ma che non fuga i timori della nostra premier sul lasciare il fianco destro a totale appannaggio del Carroccio, col rischio di perdere gli elettori euroscettici. Stavolta, però, procrastinare non sarà possibile: entro il 20 settembre bisogna presentare il Piano Strutturale di Bilancio, cornice della manovra, nello stesso lasso di tempo occorrerà sistemare la questione delle concessioni balneari e dell'assegno unico. A Bruxelles, von der Leyen monitorerà con grande attenzione, con in mano le deleghe da distribuire ai commissari designati dai paesi membri, tra cui il nostro Raffaele Fitto.