C’è chi dice che stia cercando di riaccreditarsi presso alcuni settori della sinistra per favorire il suo rientro nel Pd, e chi invece ama andare più a fondo ed è pronto a giurare che sia a conoscenza di qualcosa che sta covando lontano dai riflettori.

E c'è chi, per il momento, si limita a registrare un fatto oggettivo, e cioè che Matteo Renzi, nel giro di qualche settimana, è tornato centrale nel dibattito politico. Con l'abilità che tutti gli riconoscono nel sapersi inserire nei filoni più seguiti dai media, e con l'aiuto oggettivo della pausa estiva (che tira per le lunghe polemiche in altri periodi destinate all'effimero) l'ex-premier è dunque sulla bocca di tutti per aver innescato una reazione mediatica e una politica (direttamente dalla bocca della presidente del Consiglio), sulla vicenda della presunta inchiesta per traffico di influenze che alcuni magistrati terrebbero nel cassetto nei confronti di Arianna Meloni.

Una storia deflagrata due giorni fa con l'editoriale di Alessandro Sallusti sul Giornale, ma che trae origine da una serie di mosse oggettivamente irrituali da parte del leader di Italia Viva: tanto per cominciare, l'annuncio di interrogazioni parlamentari sul ruolo assunto dalla sorella della premier in alcune riunioni a Palazzo Chigi, fondate su dei retroscena usciti su due testate storicamente avverse a Renzi. Ma quello che aveva fatto suonare già un campanello d'allarme tra quanti accreditano Renzi di avere delle antenne piuttosto sviluppate per le manovre occulte e le congiure, erano state delle frasi sibilline e altrettanto irrituali sulla reale possibilità che il governo Meloni possa cadere l'anno prossimo, accompagnate dalla considerazione che l'opposizione deve farsi trovare pronta all'appuntamento, se vuole avere speranze di vittoria. E la vittoria non può non passare, a suo avviso per un ricongiungimento dei riformisti e dei liberali con la sinistra schleiniana.

Erano i giorni, per intenderci, dell'abbraccio in campo tra Matteo ed Elly durante la partita amichevole della nazionale parlamentari.

Sostenere una campagna di questo tipo, con dei toni propri di un Fratoianni o di un Bonelli, obiettivamente, rende agli occhi dell'elettorato di sinistra più digeribile il ritorno del figliol prodigo. Anche ieri, nella sua e- news, l’ex- premier si è fatto voler bene dal popolo della sinistra, sparando a zero sulla premier: «Giorgia Meloni», ha detto, «non può dare lezioni di garantismo. E’ stata giustizialista con mia madre, mio padre, mio cognato, i miei amici, i miei finanziatori; è stata giustizialista con chiunque non avesse un legame di parentela o di amicizia con lei. E adesso», ha concluso, «ci fa la morale sul garantismo?». Ma non manca chi va oltre nel ragionamento, ipotizzando il fatto che Renzi stia schiacciandosi a sinistra, con tanto di abiura del garantismo, per creare al centro quello spazio che potrebbe essere colonizzato da una Fi sempre più distante dalle destre, secondo il volere degli eredi del Cavaliere.

A prevalere, per il momento, è la prima lettura, anche perché si fatica a intravedere il beneficio politico che il leader di Iv trarrebbe dalla crescita del partito di Tajani e dall'assorbimento della parte di Italia Viva che non lo seguirebbe al Nazareno, a meno di voler fare come ai tempi dell'uscita dal Pd: andar via lasciando dentro alcuni esponenti di fiducia. In questo caso, Renzi sarebbe punto di riferimento dei liberali del Pd e interlocutore privilegiato dei Berlusconi al di fuori del centrodestra. In questa fase, gli osservatori concordano sul fatto che il suo più grande merito sia quello di aver fatto dimenticare la rovinosa performance del suo partito alle Europee e di aver affermato, nella sua ultima intervista, che “FdI ha perso le elezioni”.