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Sfidare le Sardine in un mare in cui non osano avventurarsi. È questa l’ambizione di chi, nel Movimento 5 Stelle, sogna il gran ritorno di Alessandro Di Battista, per riallacciare quel legame sentimentale perduto con gli elettori. Dopo quasi due anni di governo, e due forni politici già sperimentati, la macchina pentastellata ha bisogno di una revisione radicale. L’antipolitica non funziona più, le piazze italiane si riempiono attorno ad altri contenuti e il Movimento rischia l’irrilevanza. La riscossa, per alcuni, può solo partire da Dibba, l’uomo che ha rinunciato al “potere” per inseguire i suoi sogni, per questo rimasto nei cuori di molti attivisti.
Il dopo Di Maio potrebbe dunque passare dalle sue mani, magari condividendo la leadership con un volto più rassicurante e istituzionale, come quello di Chiara Appendino, in ossequio alla doppia natura del M5S: movimento e partito al tempo stesso. Ma, come rivelato dal Corriere, l’ex parlamentare ha già posto delle condizioni inderogabili per il suo ritorno in campo: nessuna poltrona e nessun incarico, ma totale libertà d’azione su una piattaforma politica decennale ecologista e anti liberista. Ed è proprio su questo terreno che il grillino viaggiatore sarebbe pronto a sfidare le Sardine, considerate una costola del «sistema», un bluff da smascherare. E se Mattia Santori punta prevalentemente sull’antisalvinismo per conquistare le piazze, Dibba fa leva sul germe dell’anticapitalismo, ancora parecchio diffuso in alcune fasce della popolazione pronte a mobilitarsi, per recuperare il terreno perso. Perché per una parte consistente del M5S, l’ala dimaiana sostenitrice dell’equidistanza pentastellata, le Sardine rappresentano una minaccia, una sorta di “braccio armato” del Pd pronto a fare il lavoro sporco per conto del Nazareno: sparare a zero sull’alleato di governo, ancora troppo timido sull’abiura salvinismo.
Dopo Matteo Renzi, del resto, Santori e compagni sono diventati l’obiettivo polemico privilegiato del Movimento. E da un’inizale indifferenza neutrale i grillini sono passati in poco tempo all’ostilità dichiarata. «Dopo la visita al santuario dei Benetton, dopo le parole a favore della prescrizione, ora stanno anche dalla parte dei vitalizi», attacca per primo il vice ministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni, dopo la diffusione della foto di gruppo insieme al patron di Autostrade per l'Italia. È l’inciampo comunicativo che molti esponenti M5S aspettavano per uscire allo scoperto. «Per essere i rappresentanti di una piazza popolare, è quantomeno curioso che difendano così strenuamente gli interessi del sistema», aggiunge Buffagni, che due giorni dopo sentenzia: «Le Sardine si sono trasformate in caviale». Molto più pacato, ma non meno critico, il giudizio di Vito Crimi, capo politico reggente: «Il M5S è nato in un momento in cui il bipolarismo aveva evidenziato tutte le sue criticità ed è nato come antisistema e post- ideologico. Non si collocava né da una parte né dell’altra», spiega il vice ministro dell’Interno. «Loro hanno scelto di collocarsi in una posizione ideologicamente determinata. Sono collocati con qualcuno e contro qualcun altro». E non sarà un caso che gli unici a chiedere un dialogo con le piazze sardiniane, dentro al M5S, siano proprio i sostenitori della collocazione progressista del partito: i vari Federico D’Incà e Nicola Morra, che per avere la meglio dovranno battersi agli Stati generali. Una missione impossibile se in campo torna la bomba Di Battista.